Durante la prigionia, (arresti domiciliari in cantina) ci rieteniamo soddisfatti di poter fare almeno un pranzo al giorno, gran parte delle nostre case è stato danneggiato e le persone non sono più in grado di conservare nulla nelle loro case nella #Ghouta.
In questo momento non c’è traffico, non ci sono mercati o negozi in funzione.
Durante la prigionia, notte e giorno si fondono, siamo intrappolati nelle nostra case, isolati dal mondo.
Non posso dire che il giorno sia un giorno, perchè questo luogo è buio. E la notte non è davvero una notte perchè i bombardamenti del regime rischiarano il cielo e la terra.
In questa prigione, sappiamo che il nostro peccato è chiedere libertà, ma ancora non conosciamo il nostro verdetto nè quanto sarà lunga la pena.
In questa detenzione, ogni tipo di tortura esiste. Non riusciamo a dormire, perchè ogni dieci minuti una bomba cade in modo da assicurarsi che nessuno possa riposare, e questo solo perchè i piloti sono in pausa.
Ma durante le ore di lavoro , un susseguirsi di bombe viene lanciato in meno di un minuto, e bisognerebbe essere davvero veloci per poterle contare tutte.
In questa prigionia lavoriamo molto. Le cose più semplici richedono uno sforzo enorme, anche lavarsi le mani. Dove possiamo lavare le mani? Possiamo provarci prima che la situazione si calmi? E così via. E ovviamente, ci troviamo in una cantina, non in un riparo, in un appartamento, ma in una cantina abbandonata, seduti e sdraiati su pietre e polvere.
In questa prigionia, passiamo giorno e notte indossando gli stessi vestiti, i vestiti che vorremmo indossare quanto usciremo. Innanzitutto perchè ci sono diverse famiglie che non si conoscono e poi perchè se dovessimo morire vorremmo indossare qualcosa di bello in quel momento!
In detenzione, dormiamo uno sopra l’altro o uno accanto l’altro sullo stesso lato, poichè non c’è abbastanza spazio per tutti, e perchè in questo modo riusciamo a scaldarci nonostante l’assenza di coperte e il freddo.
In detenzione, non si possono ricevere o fare visite, le comunicazioni sono interrotte. Se la sorella vive nel palazzo accanto, non è possibile visitarla, i nostri carcerieri (le bombe e gli aerei) aspettano solo noi.
Potrebbe volerci una vita spiegare cosa accade, e non sarebbe abbastanza. Le cantine della Ghouta sono diventate le nostre celle in cui siamo obbligati a segregarci.
Credo voi conosciate già le cose che ho detto, ma c’è una cosa che il mondo deve sapere:
In detenzione, noi viviamo e nostre vite e ridiamo nonostante tutto ciò che ci circonda, ridiamo anche senza motivo, creiamo le nostre risate e ridiamo per vivere.
Vogliamo dirvi che siamo pronti a restare in questa prigione per sempre, che non lasceremo queste case.
E qualunque cosa vogliate fare, partite da questo, e cioè che noi non lasceremo le nostre case.
Nivin Hotary dalla Ghouta assediata
Tradotto da Milena Annuziata