Nove mesi dopo l’accordo di de-escalation, ciò ha aiutato il governo siriano a conquistare ulteriore territorio e ad ampliare il suo controllo piuttosto che ridurre la violenza nelle aree designate, dicono gli esperti.
Scritto da Hashem Osseiran tradotto da Rina Coppola

BEIRUT – Centinaia di civili sono stati uccisi in attacchi alle cosiddette zone di de-escalation in Siria a gennaio, minando un accordo a guida russa che le potenze mondiali hanno propagandato come un passo verso un cessate il fuoco globale nel paese.
Mentre le zone di de-escalation potrebbero non essere riuscite a ridurre la violenza e proteggere i civili, analisti ed esperti sostengono che questi non erano il principale intento del accordo. I recenti sviluppi hanno dimostrato che l’accordo è stato invece concepito come una strategia di gestione della guerra volta a indebolire l’opposizione.
“All’inizio, c’era l’illusione che questa iniziativa per introdurre zone di de-escalation avrebbe aiutato a stabilire un cessate il fuoco globale”, ha dichiarato Anton Mardasov, un esperto non residente presso l‘International Affairs Council Russo e editorialista di Al-Monitor. “Ma dopo pochi mesi è diventato chiaro – che questo fu solo uno stratagemma per intensificare le operazioni militari in altre zone della Siria e fare finta che ci fosse il desiderio di una soluzione politica”.
L’accordo, firmato a maggio dalla Turchia, dalla Russia e dall’Iran nella capitale kazaka di Astana, avrebbe dovuto ridurre la violenza, proteggere i civili e garantire l’accesso umanitario alle comunità assediate. Secondo i termini dell’accordo, i garanti si sarebbero astenuti dal compiere attacchi verso aree protette, a meno che non si rivolgessero al cosiddetto Stato islamico o agli affiliati di Hayat Tahrir al-Sham, dominata dalla precedente affiliazione ad Al-Qaeda in Siria.