“Prendere di mira la vita ad Idlib ” Attacchi siriani e russi alle infrastrutture civili

Sommario a un ampio report di Human Rights Watch, pubblicato il 15 ottobre 2020. Entrambe li trovate qui.

(Traduzione di Giovanna De Luca)

Una donna e sua figlia camminano attraverso una strada piena di macerie nella città di Ariha, nella campagna meridionale del governatorato di Idlib, il 5 aprile 2020. © 2020 Aaref Watad / AFP via Getty Images

Nell’aprile 2019, il governo siriano e il suo alleato, la Russia, lanciavano un’importante offensiva militare per riprendere il governatorato di Idlib e le aree circostanti nel nord-ovest della Siria, una delle ultime aree controllate da gruppi armati antigovernativi. Nel corso dei successivi 11 mesi, l’alleanza siro-russa ha mostrato un disprezzo spietato per le vite dei circa 3 milioni di civili nell’area, molti dei quali sfollati a causa dei combattimenti in altre parti del paese.

L’alleanza ha lanciato dozzine di attacchi aerei e terrestri su oggetti e infrastrutture civili violando leggi di guerra, colpendo case, scuole, strutture sanitarie e mercati – i luoghi in cui le persone vivono, lavorano e studiano. Hanno usato munizioni a grappolo, armi incendiarie e “bombe a botte” in aree popolate, con effetti mortali. Gli attacchi hanno ucciso almeno 1.600 civili, distrutto e danneggiato infrastrutture civili e hanno causato lo sfollamento di circa 1,4 milioni di persone.

Aree di controllo all’interno e intorno al governatorato di Idlib. Fonte: Rete siriana dei diritti umani. Produzione di mappe © 2020 Human Rights Watch.

Un cessate il fuoco negoziato da Russia e Turchia ha interrotto i combattimenti nel marzo 2020. In quel momento, il governo siriano aveva ripreso il controllo di quasi la metà del territorio dentro e intorno a Idlib, comprese centinaia di città e villaggi che erano in gran parte spopolate perché i loro residenti erano fuggiti durante l’offensiva. Da allora, alcune persone sono tornate in aree ancora controllate da gruppi armati antigovernativi, dove si trovano a vivere avendo a loro disposizione infrastrutture decimate e un accesso limitato a cibo, acqua, riparo, assistenza sanitaria e istruzione. La possibilità di nuovi combattimenti e i pericoli per i civili sono enormi.

Questo rapporto esamina l’offensiva e gli attacchi illegali durati 11 mesi e portati avanti da Siria e Russia, che hanno causato danni ai civili e alle infrastrutture civili, come le strutture di base: ospedali, scuole e mercati, di cui la società ha bisogno per funzionare. Il rapporto documenta 46 attacchi terrestri e aerei che hanno colpito direttamente o indirettamente danneggiato oggetti e infrastrutture civili a Idlib in violazione del diritto internazionale umanitario o delle leggi di guerra. Si basa anche su un rapporto del maggio 2020 di Amnesty International che ha documentato 18 attacchi aerei e terrestri illegali contro scuole e ospedali durante questo periodo nel nord-ovest della Siria, coprendo 5 degli stessi attacchi, più 41 altri.

Video allegato https://m.youtube.com/watch?feature=youtu.be&v=KSpl_HnoRhM#menu

Questi attacchi rappresentano solo una frazione degli attacchi totali durante quel periodo a Idlib e nelle aree circostanti. Rivelano ripetute violazioni delle leggi di guerra, sono crimini di guerra e possono equivalere a crimini contro l’umanità. Gli attacchi hanno anche seriamente compromesso i diritti della popolazione alla salute, all’istruzione e a un livello di vita adeguato, inclusi cibo, acqua e alloggio.

Per queste gravi violazioni, nessuno in Siria o in Russia è stato ritenuto responsabile. Gli abusi sono stati aggravati dal fatto che, entrambi i paesi, hanno lavorato attivamente per impedire agli aiuti umanitari di raggiungere i civili bisognosi.

Nel rapporto vengono nominati 10 alti funzionari civili e militari siriani e russi che potrebbero essere implicati in queste violazioni per una questione di responsabilità del comando: sapevano o avrebbero dovuto sapere degli abusi e non hanno intrapreso misure efficaci per fermarli o punire i responsabili.

Per documentare i 46 incidenti, Human Rights Watch ha intervistato 113 tra vittime e testimoni degli attacchi, oltre a operatori sanitari e soccorritori, insegnanti, autorità locali ed esperti delle forze armate siriane e russe. Human Rights Watch ha esaminato dozzine di immagini satellitari e oltre 550 fotografie e video scattati nei luoghi dell’attacco, nonché i registri degli osservatori che hanno monitorato gli aerei siriani e russi nell’area.

In ciascuno dei 46 incidenti, Human Rights Watch non ha trovato prove di armi, attrezzature o personale militare dell’opposizione nelle vicinanze al momento dell’attacco. La maggior parte degli attacchi è avvenuta in aree popolate e nessun residente ha affermato che l’alleanza siro-russa abbia mai fornito alcun preavviso. La stragrande maggioranza degli attacchi documentati è avvenuta ben lontano dai combattimenti attivi tra le forze governative siriane ed i gruppi armati antigovernativi.

Siria e Russia hanno affermato che l’offensiva a Idlib è stata una risposta ai ripetuti attacchi alle loro forze da parte di gruppi armati antigovernativi e uno sforzo per contrastare il “terrorismo”. Alti funzionari siriani e russi hanno negato che le loro operazioni violassero le leggi di guerra, nonostante ripetute accuse di attacchi illegali a scuole, ospedali e altri obiettivi civili durante almeno 21 riunioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e almeno due sessioni del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.

Human Rights Watch ha fornito una sintesi dei suoi risultati e un elenco di domande ai governi siriano e russo il 17 agosto 2020, ma non ha ricevuto risposta al momento della stesura del report.

Attacchi a obiettivi civili e infrastrutture

La maggior parte degli attacchi aerei e terrestri che Human Rights Watch ha documentato sono avvenuti dentro e intorno a quattro principali centri abitati: Ariha, la città di Idlib, Jisr al-Shughour e Maarat al-Nu’man. Due attacchi sono avvenuti a Maarat Misreen, 10 chilometri a nord della città di Idlib, e quattro sono avvenuti in quattro campi per sfollati vicino alle città di Dana, Hass e Sarmada. In totale, i 46 attacchi hanno ucciso almeno 224 civili e ferito altri 561, secondo quanto riferito da testimoni, familiari delle vittime, residenti, autorità locali e operatori sanitari e di soccorso. Le vittime hanno riportato ferite a causa di frammenti di munizioni e detriti di edifici.

Gli attacchi documentati hanno danneggiato 12 strutture sanitarie e 10 scuole, costringendole a chiudere, in alcuni casi definitivamente. Anche almeno cinque mercati, quattro campi profughi, quattro quartieri residenziali, due aree commerciali e una prigione, una chiesa, uno stadio e un ufficio dell’organizzazione non governativa sono stati danneggiati negli attacchi.

Human Rights Watch ha ricevuto rapporti credibili su dozzine di altri attacchi che hanno danneggiato strutture civili, che il diritto internazionale protegge da attacchi deliberati a meno che non vengano utilizzati per scopi militari. L’Ufficio delle Nazioni Unite dell’Alto Commissario per i diritti umani (OHCHR) stima che almeno 1.600 civili siano stati uccisi nelle aree controllate da gruppi armati antigovernativi nel nord-ovest della Siria durante il periodo coperto da questo rapporto. Nel 2019, la Safeguarding Health in Conflict Coalition, composta da organizzazioni internazionali non governative, ha segnalato 147 episodi separati di violenza o ostacolo all’assistenza sanitaria in Siria, di cui oltre la metà nel governatorato di Idlib. La Rete siriana per i diritti umani ha riferito nel maggio 2020 di almeno 882 attacchi a Idlib e dintorni su infrastrutture civili dall’aprile 2019, inclusi 220 luoghi di culto, 218 strutture educative, 93 strutture sanitarie, 86 centri di protezione civile siriana (SCD) e 52 mercati.

Uno degli attacchi che ha causato più morti, ed è stato documentato da Human Rights Watch è avvenuto il 22 luglio 2019 a Maarat al-Nu`man. La prima munizione, sganciata da un attacco aereo, ha colpito un condominio di quattro piani e negozi vicini e ha danneggiato un piccolo mercato. Poco dopo, una seconda munizione, ha fatto crollare due edifici a tre piani. Un operatore SCD sul posto è stato ucciso e un altro è rimasto ferito.

“C’erano corpi dappertutto – donne, frammenti di bambini”, ha detto il lavoratore ferito di SCD, che ha riportato ferite da frammentazione alla mano e alla schiena. I volontari della SCD hanno lavorato per 24 ore tirando fuori le persone dalle macerie e hanno identificato 39 delle 43 vittime. Altre 75 persone sono rimaste ferite. “Ricordo un ragazzo che aveva delle verdure in mano quando è stato ucciso”, ha detto un altro lavoratore della SCD. “Le sue mani mozzate le stavano ancora afferrando.”

Tre attacchi contro l’area commerciale della città di Idlib e un mercato vicino a gennaio e febbraio 2020 hanno ucciso 4 civili, ferito altri 110 e danneggiato innumerevoli negozi, che fornivano sostento a migliaia di residenti e alle loro famiglie. “Siamo terrorizzati”, ha detto Ayman Assad, che gestisce un’officina di riparazione auto nel quartiere. “Scuole, mercati, case, ospedali, tutto è un obiettivo. Stanno prendendo di mira la vita a Idlib “

Il 5 gennaio 2020, un attacco ha colpito il quartiere di al-Naqib nella città di Ariha, uccidendo 13 civili e ferendone altri 25. Una munizione ha colpito un edificio di quattro piani che ospitava una scuola materna e altre due hanno colpito edifici residenziali accanto a due scuole. Un dipendente della scuola ha descritto di aver evacuato gli studenti fuori dall’edificio pochi minuti prima dell’attacco perché gli osservatori locali avevano riferito del volo di aerei. “Li ho guardati e non c’era niente che potessi fare se non calmarli, dire loro di non avere paura, dire loro di pregare, dire loro che presto sarebbe finita”, ha detto. Dopo che la scuola è stata evacuata, una munizione è atterrata nel cortile della scuola, frantumando finestre e danneggiando le porte, ma nessuno studente è rimasto ferito.

Tre settimane dopo, tre munizioni hanno colpito l’ospedale chirurgico di Ariha, di tre piani (noto anche come ospedale al-Shami), l’unico ospedale della città. L’attacco ha distrutto l’ospedale, ucciso almeno 14 civili e ferito almeno altri 66. Un residente di Ariha, che viveva a un chilometro di distanza, ha descritto la situazione delle persone:

Il panico e la paura sono il modo migliore per descrivere la situazione. Non sappiamo dove portare i nostri figli. Se andiamo a ovest, veniamo colpiti da frammenti di bombe. Se andiamo a est, è lo stesso. Non abbiamo più finestre o porte. La gente ha smesso di entrare negli scantinati per cercare riparo; scendono per le strade o sui tetti, in modo che sia più facile per i soccorritori trovare i loro corpi. … Sapevamo che stavamo per morire, e siamo usciti in strada per non finire sotto le macerie.”

I continui attacchi ad Ariha hanno costretto le persone a fuggire per ragioni di sicurezza e alla fine di febbraio 2020 la città era quasi vuota.

Un risultato dell’offensiva di Idlib è stato lo sfollamento di massa. Secondo le Nazioni Unite, quasi 1,4 milioni di persone in tutta Idlib sono fuggite dalle loro case durante il periodo analizzato in questo rapporto, su una popolazione stimata di 3 milioni di persone. Molti hanno affermato di essere fuggiti a causa di ripetuti attacchi in aree popolate, o perché temevano maltrattamenti se le forze siriane avessero ripreso l’area.

I ripetuti attacchi dell’alleanza siriano-russa alle infrastrutture civili in aree popolate in cui non c’erano apparenti obiettivi militari suggeriscono che questi attacchi illegali fossero deliberati. L’intento potrebbe essere stato quello di privare i residenti locali dei mezzi per sostenersi, per costringere la popolazione civile a fuggire e rendere più facile per le forze di terra siriane prendere il territorio, o semplicemente per instillare il terrore nella popolazione civile come un modo per raggiungere la vittoria. L’alleanza siro-russa apparentemente intendeva raggiungere questi obiettivi con poco riguardo per il diritto internazionale.

Sebbene il diritto internazionale umanitario, o le leggi di guerra, riconosca che un danno civile può derivare da attacchi legali, richiede che tutte le parti in guerra dirigano attacchi a obiettivi militari, distinguano tra civili e combattenti e adottino tutte le precauzioni possibili per evitare di danneggiare civili o obiettivi civili e che gli attacchi non causino danni sproporzionati ai civili. Le popolazioni rimangono anche protette dal diritto internazionale sui diritti umani, in particolare il Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.

Uso di armi esplosive in aree popolate

Nella maggior parte dei 46 attacchi documentati da Human Rights Watch sembravano essere utilizzate armi esplosive con effetti su vasta scala in aree popolate. Bombardando aree popolate si uccidono e feriscono un gran numero di civili e si danneggiano e distruggono obiettivi e infrastrutture civili. Hanno anche effetti riverberanti: interruzione dei servizi essenziali, come l’assistenza sanitaria e l’istruzione, e l’accesso a cibo e riparo. Gli impatti a lungo termine includono gravi danni psicologici alla popolazione colpita.

Le armi esplosive usate a Idlib includevano bombe, razzi e artiglieria. Tre degli attacchi documentati da Human Rights Watch su o vicino a scuole sono avvenuti con munizioni a grappolo, che hanno effetti indiscriminati diffusi e rappresentano un pericolo a lungo termine per i civili. Le munizioni a grappolo tipicamente rilasciano o disperdono dozzine o addirittura centinaia di piccole munizioni nell’aria su un’area delle dimensioni di un campo da calcio. Molte particelle potrebbero non esplodere all’impatto iniziale, lasciando resti che agiscono come mine. La Convenzione, ampiamente accettata, sulle munizioni a grappolo, le vieta; questo secondo un accordo tra 121 stati, anche se non la Siria o la Russia.

La Rete siriana per i diritti umani ha identificato l’uso di varie armi esplosive da parte dell’alleanza siriano-russa dall’aprile 2019, tra cui 30 munizioni a grappolo, almeno 21 armi incendiarie, 9 missili e quasi 5.000 “bombe a botte” in tutta la regione di Idlib.

Impatto umanitario

Gli attacchi dell’alleanza militare siro-russa su obiettivi e infrastrutture civili hanno causato massicci sfollamenti e perdite di vite umane e hanno danneggiato la capacità dei residenti di accedere a cibo, alloggi, assistenza sanitaria e istruzione. Ciò ha provocato una terribile situazione umanitaria nel nord-ovest della Siria, con la quasi completa decimazione delle infrastrutture sanitarie della regione, un grave sovraffollamento nelle aree che ospitano i civili sfollati e un aumento dei timori di un accesso umanitario limitato. A maggio 2020, quasi 2,8 milioni di persone nel nord-ovest aveva bisogno di aiuti per soddisfare i propri bisogni di base.

La risposta umanitaria dipende fortemente dalle agenzie delle Nazioni Unite, che nel 2014 sono state autorizzate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a utilizzare i valichi di frontiera dalla Turchia al nord-ovest per fornire rifornimenti e aiuti. L’operazione transfrontaliera è l’unico mezzo per l’ONU per portare assistenza nel nord-ovest della Siria. Nel dicembre 2019, la Russia ha posto il veto al rinnovo dell’autorizzazione transfrontaliera, ma il Consiglio di sicurezza è stato in grado di rinegoziare una risoluzione meno incisiva nel gennaio 2020, autorizzando nuovamente il passaggio ai due valichi di frontiera nel nord-ovest della Siria durante sei mesi ma rimuovendo l’autorizzazione dagli altri due valichi di frontiera nel nord-est e nel sud della Siria. Nel luglio 2020, Russia e Cina hanno posto il veto a due progetti di risoluzione secondo i quali sarebbe stato rinnovato il meccanismo e alla fine sarebbero riusciti a revocare l’autorizzazione a un altro passaggio di frontiera. Di conseguenza, l’unico passaggio autorizzato è a Bab al-Hawa, sul confine turco.

Responsabilità per attacchi illegali

Funzionari civili e comandanti militari possono essere ritenuti penalmente responsabili per una questione di responsabilità del comando se sapevano o avrebbero dovuto essere a conoscenza di violazioni commesse da forze sotto il loro controllo e non sono riuscite a prevenirle o a punire i diretti responsabili.

Per identificare la gamma di funzionari siriani e russi che possono assumersi la responsabilità penale per gli attacchi documentati in questo rapporto, Human Rights Watch ha esaminato le dichiarazioni pubbliche del governo russo e dei funzionari militari; resoconti pubblici dell’ufficio del presidente russo e del ministero russo degli Affari esteri e della difesa; e resoconti dei media russi. Human Rights Watch ha anche intervistato sette esperti delle forze armate russe e siriane.

L’intervento militare della Russia in Siria dal 2015 ha comportato il dispiegamento di aerei da attacco e da trasporto, droni di sorveglianza e personale delle forze armate, inclusi consiglieri militari, controllori aerei per aiutare a coordinare e dirigere attacchi aerei, forze speciali e polizia militare. Queste forze russe hanno appoggiato le forze armate siriane attraverso attacchi aerei che sono stati di supporto per le unità siriane durante le operazioni di terra; c’è stata la co-locazione con le unità siriane in prima linea; e l’aiuto riguardo allo sviluppo, l’addestramento e la consulenza su tattiche e pianificazione delle operazioni. In almeno un caso, un ufficiale militare russo ha temporaneamente comandato un intero corpo dell’esercito siriano. Il coordinamento di questo supporto ha coinvolto i massimi livelli dell’esercito russo, del ministero della Difesa e del presidente.

Human Rights Watch non è a conoscenza di alcuno sforzo da parte dei governi siriano o russo per indagare in modo credibile o fermare gli attacchi a civili e obiettivi o infrastrutture civili. Human Rights Watch è a conoscenza di un solo caso in cui i funzionari russi hanno segnalato vittime civili;è stato dopo l’attacco a un mercato a Maarat al-Nu’man il 29 giugno 2019. Tuttavia, i funzionari hanno negato ogni responsabilità dopo aver identificato la posizione sbagliata. Invece di indagare sulle presunte violazioni, l’alleanza siriano-russa ha continuato, e in alcuni casi intensificato, gli attacchi, nonostante regolari informative sull’impatto di tali attacchi illegali durante le riunioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e del Consiglio dei diritti umani a cui hanno partecipato alti funzionari russi e siriani. Nel febbraio 2020, il presidente Vladimir Putin avrebbe conferito al comandante russo che ha guidato le operazioni in Siria da aprile a settembre 2019, il premio Eroe della Russia, il più alto titolo onorario della nazione. Alla fine di luglio 2020, lo stesso titolo sarebbe stato assegnato al comandante russo che ha guidato le operazioni in Siria almeno fino a settembre 2020.

Data la mancanza di responsabilità in Siria e Russia, nonché la situazione di stallo nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che ha impedito che la situazione in Siria fosse deferita alla Corte penale internazionale, i governi interessati dovrebbero considerare credibilmente sanzioni mirate unilaterali contro tali alti funzionari e comandanti implicati in questi abusi. Dovrebbero inoltre sostenere i funzionari giudiziari nei loro sforzi per perseguire procedimenti penali in base al principio della giurisdizione universale, ove possibile e in linea con le leggi nazionali.

Come dettagliato nel rapporto, i comandanti civili e militari siriani e russi che potrebbero assumersi la responsabilità del comando per le violazioni durante l’offensiva di Idlib del 2019-2020 includono il presidente siriano Bashar al-Assad e il presidente russo Vladimir Putin, che sono i comandanti in capo delle rispettive forze armate; Il ministro della difesa siriano e secondo in comando delle forze armate siriane, il tenente generale Ali Abdullah Ayoub; il comandante dell’aeronautica militare siriana, il generale Ahmed Balloul; Il ministro della Difesa russo e il secondo in comando delle forze armate russe, generale dell’esercito Sergei Shoigu; il primo viceministro della difesa e capo di stato maggiore delle forze armate della Russia, il generale dell’esercito Valery Gerasimov;il primo vice capo di stato maggiore delle forze armate della Russia e capo della direzione principale delle operazioni dello stato maggiore delle forze armate, il colonnello gen. Sergei Rudskoy; comandante delle forze russe in Siria almeno da marzo 2019 fino al 10 aprile 2019, il Col.-Gen. Sergei Vladimirovich Surovikin; comandante delle forze russe in Siria dal 10 aprile 2019 fino a settembre 2019, il Col.-Gen. Andrei Nikolaevich Serdyukov; e il comandante delle forze russe in Siria da settembre 2019 fino almeno a settembre 2020, il tenente gen. Alexander Yuryevich Chaiko.

Pericoloso cessate il fuoco

L’ accordo di cessate il fuoco del marzo 2020 negoziato tra Russia e Turchia è stato mantenuto in gran parte fino all’inizio di settembre, spingendo alcuni sfollati a tornare in aree ancora sotto il controllo di gruppi armati antigovernativi. Sono tornati in aree decimate dall’ultima offensiva militare, con infrastrutture crollate e accesso limitato a cibo, acqua, riparo, istruzione e assistenza sanitaria, compreso il supporto psicosociale (salute mentale). Alla fine di agosto c’erano solo 59 casi noti di Covid-19 nel nord-ovest della Siria, il numero effettivo di casi è probabilmente molto più alto a causa del numero limitato dei test.

Un ulteriore focolaio della pandemia aggraverà le carenze esistenti e le vulnerabilità associate. Le condizioni di affollamento nei campi e lo scarso accesso ai servizi di base rendono impossibile impegnarsi adeguatamente nel distanziamento sociale o prendere altre precauzioni sanitarie.

Si profila anche il rischio per i civili di nuove ostilità. Senza che vengano prese misure a livello nazionale o internazionale contro i responsabili di gravi violazioni, c’è poco da fare per dissuadere gli autori dei suddetti crimini dal commettere altre atrocità in futuro.

Raccomandazioni

Human Rights Watch invita tutte le parti in conflitto in Siria a rispettare pienamente le leggi di guerra. I risultati in questo rapporto evidenziano la necessità per Siria e Russia di porre fine a tutti gli attacchi deliberati, indiscriminati e sproporzionati contro civili e obiettivi civili, come strutture mediche, scuole e mercati. Dovrebbero essere condotte indagini trasparenti, credibili e imparziali su accuse di violazioni delle leggi di guerra, inclusi gli incidenti descritti in questo rapporto.

Tutti gli stati che aderirono alle Convenzioni di Ginevra del 1949 si impegnavano a rispettare l’articolo 1 “a rispettare e garantire il rispetto” per le Convenzioni di Ginevra in “tutte le circostanze”. Dovrebbero fare pressioni su tutte le parti affinché si impegnino a evitare l’uso di armi esplosive con effetti su vasta scala nelle aree popolate.

Il Canada, l’Unione Europea, la Svizzera, il Regno Unito, gli Stati Uniti e altri stati dovrebbero imporre sanzioni mirate, compreso il congelamento dei beni, a quei comandanti civili e militari coinvolti in crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ove possibile, le autorità giudiziarie dovrebbero anche considerare di indagare e perseguire coloro che sono implicati in reati gravi in ​​base al principio della giurisdizione universale e in conformità con le leggi nazionali. Il meccanismo internazionale, imparziale e indipendente (IIIM), istituito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2016, dovrebbe continuare a lavorare per creare file relativi a crimini gravi commessi in Siria, compresi quelli documentati in questo rapporto, al fine di facilitare i procedimenti penali ove possibile .

Gli sforzi internazionali concertati verso la responsabilità sono cruciali per dimostrare che ci sono conseguenze per attacchi illegali, al fine scoraggiare il compimento di future atrocità e per dimostrare che nessuno può eludere la responsabilità per gravi crimini a causa del proprio rango o posizione.

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