Il “turismo” siriano prende esempio dal Manuale di Hasbara

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Scritto e tradotto da Mary Rizzo, revisionato da Francesca Scalinci

Chiunque sia stato attivista per i diritti palestinesi è consapevole delle varie tecniche che Israele usa per insabbiare e coprire l’occupazione della Palestina così come l’oppressione a cui sono soggetti i palestinesi. Insieme ad Hasbara, che è una sorta di narrazione preparata per dominare il discorso e spostare l’attenzione in modo che Israele appaia come la parte sfavorita che lotta per i suoi legittimi diritti invece che per quello che è, cioè un brutale oppressore che occupa militarmente i palestinesi, c’è il “whitewashing”. Quando i regimi o i paesi che usano questa tecnica lo mettono in pratica, lo fanno in modo da nascondere che si tratta di crudi sforzi propagandisti. Ma viene usato per determinare gli argomenti che vengono discussi o per mostrare solo gli aspetti che fanno sembrare questi paesi più democratici, più progressisti e più attraenti di quanto non siano realmente. Il sipario non viene mai alzato per mostrare ciò che si trova dall’altra parte di tutte quelle “cose fantastiche”.

Israele investe molto nelle campagne di turismo. “Two sunny cities, one break” e “Douze Points” sono solo due delle campagne degli ultimi anni che hanno cercato un nuovo tipo di turista, urbano e cool, una persona che va alla ricerca della vita notturna e di un posto per far festa 24 ore su 24, e soprattutto un luogo per continuare la promozione con selfie da condividere, incoraggiando ancora di più il turismo verso Israele in un circolo virtuoso. Nella pubblicità, l’accento è posto su discoteche, piscine, ristoranti e bar chic. È tutta una questione di divertimento e di edonismo. Questo non significa che il turismo del “patrimonio storico e culturale” ai siti religiosi e alle kibbutze si sia fermato; è solo che l’attenzione pubblicitaria vuole che il potenziale turista creda che andare a Tel Aviv sia esattamente come andare a Milano, Praga o Madrid, solo in questo caso, la vostra vacanza non sarà mai rovinata dalla pioggia e il vostro divertimento non si ferma mai. Il turista sta vendendo la parte di Israele che raccoglie i frutti dall’occupazione, e in realtà non deve nemmeno pensare ai palestinesi esistenti dall’altra parte del muro o che vivono imprigionati alla periferia di insediamenti ebraici o di qualsiasi altra situazione in cui i palestinesi non hanno pieni diritti, compreso il diritto alla libera circolazione nel proprio paese.

Il movimento BDS ha una dichiarazione sul turismo etico che inizia come segue:

Sulla base dell’affermazione dell’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite (UNWTO) nei suoi statuti che mira fondamentalmente a “la promozione e lo sviluppo del turismo al fine di contribuire a […] il rispetto universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione”

Seguirebbe che un tale turismo verso paesi in cui vi è un’occupazione brutale, violazioni dei diritti umani ed enclavi di persone che vivono in grave pericolo sotto i bombardamenti e gli assedi da parte del loro “governo” e dei suoi alleati corrisponde esattamente a violare la chiamata BDS a boicottare il turismo israeliano. Andare in posti come questo richiederebbe un comportamento particolare per essere etico, e quel comportamento deve essere coerente. Non si può ballare nelle discoteche di Tel Aviv e mostrare solidarietà ai palestinesi evitando tutti i legami istituzionali di qualsiasi tipo con Israele. Non è possibile scegliere a proprio piacimento da ciascuna; o tutto o niente.

Il governo siriano ha imparato tantissimo dall’uso dell’hasbara da parte del governo israeliano , dal loro modo di tirare il sasso e nascondere la mano. Si può dire che si rende conto che la propaganda accattivante è l’altro lato dell’occupazione militare e dell’oppressione. Stanno lavorando sodo per imbiancare l’immagine della Siria, sottolineando il sole, il divertimento e l’orgoglio dei siriani “lealisti” (che non hanno mai dovuto sperimentare le bombe e la distruzione di nessuna delle aree di opposizione, perché l’opposizione non aveva il potere militare o la voglia di sottoporre la popolazione civile ad assedi e attacchi aerei). Ma il regime non può farcela da solo. Non può mettere pubblicità modaiola sui principali canali televisivi occidentali. È davvero limitato nella misura in cui può promuovere la falsa narrativa. Ciò significa che deve trovare un’alternativa.

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Foto principale di Facebook del Ministero del Turismo siriano

Il Ministero del Turismo siriano è sempre stato il braccio propagandistico del regime. In passato, il processo di controllo (e interrogatorio) dei turisti – quelli che avevano finalmente superato tutti gli ostacoli che avevano specificamente limitato o vietato il loro accesso ad alcuni luoghi e li avevano resi persone pienamente consapevoli che i “muri hanno orecchie” – ha reso il turismo lì una sorta di “turismo dark” o “turismo d’avventura” e una sorta di Truman Show. Il turista accetta di avere certi limiti, che fa attenzione a non superare. E come si può mai dimenticare, con le immagini del Grande Fratello ovunque, negli hub di trasporti pubblici e nei mercati, ma anche sui siti archeologici e nelle chiese. Tutti intorno a te sanno che puoi essere chiamato e considerato una spia, quindi sentirai solo la lode più alta e fervente del governo. Il fatto che si trattasse di un’esperienza non autentica per tutti veniva mitigato, per il turista, da bellissimi siti e da un tipo di esperienza molto diverso (qualcosa di cui scrivere a casa come strano ma emozionante), per i siriani che partecipavano alla recita, dal fatto di fare un po’ di soldi dai turisti. Tutti hanno preso parte a questa recita, ma almeno, tutti sapevano che era una recita.

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Il regime in passato aveva anche l’abitudine di coinvolgere blogger e giornalisti – e non solo quelli il cui tema era il turismo, ma soprattutto quelli che erano attivi nei blog per la Palestina o il nazionalismo arabo – in “viaggi di presentazione” dove non solo venivano seguiti in ogni passo e in un itinerario coordinato da gestori approvato dal governo, ma venivano quasi  tutti  portati agli stessi luoghi, con una narrazione simile e le istruzioni di “portare i punti di discussione a casa”, con una sorta di briefing di ciò che erano i punti cari al regime. Ciò ha permesso di creare un gruppo di persone che, data la quantità di vantaggi e l’ospitalità, sono state accecate o si sono sentite moralmente obbligate a ripagare la cortesia. Lasciarsi accecare volontariamente funziona se qualcuno può ignorare la realtà. Questo è stato certamente più facile in passato, quando la Siria non è mai stata nei telegiornali, quando la gente “scompariva” per avere raccontato una barzelletta o quando le opportunità a disposizione erano determinate da quanto le persone erano in grado di prostrarsi davanti alla dinastia al potere e a tuti i suoi affiliati e favoriti in giro per il paese.

Oggi è impossibile ignorare ciò che sta succedendo in Siria, oggi che metà della popolazione del paese è diventata rifugiata o sfollata internamente, che enormi aree del paese sono state distrutte da continui e implacabili raid aerei da parte del regime e di altre forze di occupazione (con la Russia e le milizie proxy dell’Iran che svolgono i ruoli principali in questi raid distruttivi, aspettando di essere ripagati ora e nel futuro), che centinaia di migliaia di civili sono “scomparsi” e molti sono stati documentati in fotografie contrabbandate da una prigione siriana dove sono stati torturati a morte, che sono stati documentati massacri di ogni genere, con i lealisti che si rallegravano, chiamando le vittime “terroristi”, anche i bambini massacrati da coltelli, gas nervino o bombe a botte.

Per andare a Damasco e in altre aree controllato dal regime, festeggiare nei shisha bar, prendere il sole nelle spiagge, acquistare dei souvenir nei souk e visitare i siti, anche fingendo di essere “indipendenti”, mentre in realtà inviati da RT, o in una missione di accertamento di fatti, ottenendo solo i fatti che il regime vuole che si ottiene, con il comportamento dei lealisti che fanno l’autocensura, richiederebbe un certo tipo patologico di sconnessione dalla realtà, un severo deficit etico.

Ed andare a Saydnaya e guardare la bellissima chiesa, negando che la prigione di tortura più brutale del regime si trovi nello stesso villaggio, è come andare a Tel Aviv, e non squarciare il sipario sulla miseria di Hebron.

Attenzione a qualsiasi “giornalista” o “turista” che vada in Siria. Non sono altro che uno strumento di propaganda per il regime e un coltello nel cuore del popolo siriano la cui lotta per la libertà è stata anche una lotta per non giocare più nella recita della menzogna e dell’inganno, e vivere nel proprio paese, autenticamente, senza l’oppressione della dinastia al potere.

Originale: https://wewritewhatwelike.com/2019/09/13/syrian-tourism-taking-a-page-from-the-hasbara-handbook/

Grazie a Terry Burke per il fotomontaggio

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