I diari dell’assedio di Samira AlKhalil o l’archeologia della sparizione forzata

il

Di Naila Mansour, pubblicato su Aljumhurya (Traduzione G.De Luca)

A Samira Khalil, fonte di calore nell’assedio siriano

Folio n. 1, Folio n. 2, Folio n. 3, …

Ho incontrato Samira El Khalil solo due volte. La prima volta è stata nel 2005, dopo una seconda ondata di arresti di attivisti della Primavera di Damasco, come traduttore, accompagnato da un giornalista francese, che voleva incontrare Yassin al-Hajj Saleh, il marito di Samir al-Khalil, come amava essere chiamato. E la seconda volta, otto anni dopo, prima della sua partenza e della partenza di Yassin da Damasco verso Douma. La prima volta non ricordo di aver avuto una conversazione con lei, un sorriso accogliente e nient’altro da dire. La memoria ha fatto irruzione dopo che Samira è stata rapita. L’austerità e la modestia richiedono non essere eccessivamente influenzati da ciò che colpisce coloro che abbiamo conosciamo poco, nonostante il simbolismo dell’evento, nei dolorosi giorni siriani. Tuttavia, la sua faccia seminascosta dietro la porta nella foto che riempiva i social media dell’opposizione siriana continuava a gettarmi in un mutismo incomprensibile. Immagine triste, fine senza spiegazioni.

Folio n. 1, Folio n. 2, Folio n.3…

Mi è capitato di ricevere il libro di Samira El-Khalil nella stessa settimana in cui ho assistito a un lungo intervento di un’antropologa e regista iraniana, Shora Makrami, in cui parla del suo film e libro Aziz’s Notebook, le memorie di suo nonno, scritte tra il 1988 e 1994 dopo la scomparsa delle sue due figlie per mano della brutale autorità teocratica in Iran. Il nonno voleva documentare ciò che aveva vissuto per trasmettere ai suoi nipoti, tra cui Shora, la figlia di una delle sue due figlie scomparse e assassinate senza permettere neppure ai genitori di piangerle. Nella stessa settimana la direttrice e ricercatrice Yasmine Fadda ha presentato il suo lavoro, iniziato dieci anni fa in Siria, e che ruota in gran parte attorno a padre Paolo, al Monastero di Mar Musa e al ruolo dialogico che aveva. Ha completato le riprese di un materiale visivo su padre Paolo dopo l’inizio della rivoluzione siriana e ha ripercorso i viaggi di padre Paolo prima che venisse rapito nel 2013.

Shora riceve il diario dieci anni dopo, nel 2004, e lo pubblica in un libro al quale aggiunge un proprio scritto sul tema della scomparsa della madre e della zia.”Il tesoro del nulla” per dire che niente, né la sparizione forzata né la scomparsa dei propri cari con tutta quella violenza, sono “niente”. ” Il tesoro” divenne un museo in cui la famiglia includeva tutte le tracce rimaste delle due donne: il chador, la scatola di fiammiferi, in particolare le tracce della “shutah” accesa su di essa, gli spazzolini da denti, le ultime lettere alla famiglia dal carcere prima della loro ultima assenza. ..eccetera. Quelle reliquie, dice Shora, hanno un valore archeologico, così come le briciole ornamentali nel campo di scavo di un archeologo, da cui sarà costruita l’intera storia. Yasmine Fadda, dopo aver iniziato a trattare il suo materiale visivo su Padre Paolo, afferma che dopo la sua scomparsa non sa più come completare il

Leggo: Folio n. 1, Folio n. 2…

Nel libro che Yassin ha preparato dagli archivi di Samira Al Khalil, e la sua foto, nascosta dietro la porta, mi è tornata come un fulmine, come se il suo sguardo mi ammonisse, dicendo: “Entrerò muta completamente, ma come lo accetti facilmente!” Coloro che lavorano e si specializzano in questa materia, come le sparizioni forzate, affermano che le famiglie delle vittime di sparizione forzate vengono distrutte a causa del taglio del significato e dell’abbandono del regno del linguaggio nel senso politico del tema. Non c’è via d’uscita o soluzione a questo se non ricostruire dal punto di rottura, impegnarsi nella politica e nel linguaggio per ricreare il significato e cercare di ribaltare la demarcazione dell’isolamento e la cancellazione sociale, legale e personale di ciò che è nascosto parlandone e ripristinandone i dettagli, e ribaltando l’ordinazione dell’uccisione simbolica disegnando il futuro restaurando il passato e ripristinando la storia dichiarata e non dichiarata della persona scomparsa e ridisegnando la sua privacy di fronte al tentativo di cancellarla.

Noi, tutti noi, la famiglia di Samira, come simbolo della Siria vittima di sparizione forzata durante le varie ondate di terrore, abbiamo un disperato bisogno di esaminare quelle tracce della Siria, sia verbalmente che politicamente. Il primo passo è rileggere i giornali. Le carte di Samira, ognuna secondo le sue circostanze e prospettive.

Ho letto la sua scomparsa nell’eloquenza del foglio n. 6, che ne ha ripetuto, per destino, il contenuto, il 3 dicembre 2013, giorni prima del suo rapimento: “La politica di distruggere tutto… Quando eravamo in carcere, alcuni di noi sono stati sottoposti a brutali torture, chi veniva torturata meno si sentiva in colpa, per paura che i pettegolezzi di tradimento la raggiungessero. Una delle giovani pensò una volta di suicidarsi per questo motivo: la sua tortura era stata minore!… È una politica di rovina e distruzione generalizzata, e complicità interna, una politica di distruzione totale…».

Avevano collaborato dall’interno a distruggere tutto. Così diceva lo sguardo seminascosto: cominciare da qui.

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