
In gran parte del Medio Oriente, e anche in Iran, il comandante militare era temuto, e la sua morte è stata accolta con euforia.
Scritto da KIM GHATTAS Tradotto da Mary Rizzo
BEIRUT – Non appena è stata confermata la morte di Qassem Soleimani, il leader della Forza Quds del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica dell’Iran, avvocati e legislatori a Washington hanno iniziato i loro dibattiti. E’ stato legale il raid che l’ha ucciso? Che ruolo avrà l’attacco nel ciclo politico dell’impeachment e della campagna presidenziale del 2020? Quali sono le potenziali conseguenze del conflitto con l’Iran?
Eppure, in alcune parti del Medio Oriente, la reazione è stata diversa. Soleimani, un uomo considerato invincibile e onnipotente nella regione, è stato ucciso all’una di notte locale, proprio mentre stava lasciando l’aeroporto di Baghdad. Alle 4.30 del mattino, un gruppo di iracheni stava marciando – anzi, correndo – per le vie del capitale del paese, portando una gigantesca bandiera irachena, celebrando la sua morte. In un video, si può sentire la voce di un uomo che loda l’uccisione e dice che la morte dei manifestanti iracheni è stata vendicata.
Sia chiaro: la morte di Soleimani aumenta bruscamente le tensioni in Medio Oriente. Solo pochi giorni fa, i manifestanti hanno sfondato i muri dell’ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad. Come notano Kathy Gilsinan e Mike Giglio, la sua uccisione porterà più conseguenze di quella di Osama bin Laden o Abu Bakr al-Baghdadi, perché a differenza di loro, lui ha un intero stato che potrebbe cercare di vendicarlo.
Soleimani era rispettato e temuto, visto come la mente malvagia dietro le politiche di morte e distruzione oppure come il geniale architetto delle politiche espansionistiche iraniane. Era anche odiato, non solo dai sunniti che soffrivano per mano delle sue milizie per procura in Siria e Iraq, ma anche dai sciiti come lui, tra cui alcuni in Iraq e Iran, dove ha contribuito a mantenere un sistema repressivo. E’ stato visto come l’uomo responsabile del ruolo dell’Iran nelle guerre costose all’estero. Non era semplicemente in missione per annullare il punteggio insoddisfacente della guerra Iran-Iraq e compensare il devastante numero di morti del conflitto e l’umiliazione che ha consegnato al suo paese; lui stesso è diventato la missione, il capo della rivoluzione islamica, mantenendola in vita per il Leader Supremo Ali Khamenei. (Soleimani è stato anche cruciale nel sconfiggere lo Stato Islamico, ma questo è servito a scopi molto specifici per il comandante iraniano.)
Più recentemente, in Iraq, è stato determinante nella violenta repressione contro le proteste scoppiate ottobre scorso. L’ira dei manifestanti ha preso di mira non solo la corruzione e la cattiva gestione dei politici della nazione, ma anche il ruolo dell’Iran in entrambe queste cose, così come il suo prepotente controllo sul paese attraverso milizie sciite per procura fedeli a Teheran. “Noi in Iran sappiamo come trattare i manifestanti”, secondo quanto riferito, Soleimani aveva detto ai funzionari iracheni in ottobre. “Questo è successo in Iran e abbiamo riportato tutto sotto controllo.” Anche se gli iracheni hanno continuato a scendere in piazza, più di 500 di loro sono stati uccisi. Anche le dimostrazioni in Iran sono state brutalmente schiacciate: più di 1.000 sono morte nella repressione, secondo i funzionari iraniani.
Anche in Libano, le proteste iniziate nel mese di ottobre sono state inizialmente incentrate sulla corruzione, la cattiva gestione e il settarismo, ma hanno subito assunto un sottotono contro l’Iran. La milizia sciita e il partito politico Hezbollah, un alleato chiave e milizia per procura dell’Iran fin dagli anni ‘80, erano diventati onnipotenti in politica, una parte dell’establishment, e quindi è stato anche un bersaglio della rabbia dei manifestanti. Ha risposto inviando teppisti, o almeno permettendo loro di affrontare ripetutamente i manifestanti usando mazze e bastoni. In particolare, Soleimani era appena arrivato in volo a Baghdad da Beirut.
L’antipatia verso l’Iran e il suo ruolo nella politica di più paesi del Medio Oriente era stato a lungo costruito, molto prima di queste ultime proteste. Ma l’esplosione della rabbia popolare verso Teheran e le sue delega su più fronti, soprattutto all’interno delle comunità sciite in Libano e Iraq, è stata forse la sfida più complessa che Soleimani aveva affrontato finora. Le recenti proteste, infatti, spiegano il sollievo che molti provano da Beirut a Baghdad, da Damasco a Sana’a, incolpando lo stesso Soleimani per quanto era accaduto nel loro paese o comunità.
A volte, infatti, sembrava che Soleimani fosse onnipresente. La sua carriera decennale ha attraversato i campi di battaglia della guerra Iran-Iraq e il suo ruolo come sostegno del presidente siriano, Bashar al-Assad; è andato regolarmente nel paese per sovrintendere una guerra devastante che ha lasciato più di mezzo milione di morti. Fu anche accusato dagli Stati Uniti per la morte di centinaia di soldati americani in seguito all’invasione dell’Iraq, e aiutò a organizzare gli sforzi di Hezbollah contro Israele nella guerra del 2006 in Libano.
Era indispensabile? Nessuno lo è mai e una parte della sua aura era probabilmente esagerata, ma sarà certamente una persona difficile da sostituire. Quindi c’è rabbia anche tra i suoi sostenitori, alleati e milizie per procura, che gli erano devoti, che lo mitizzavano e ora saranno persi senza di lui, almeno per un po’. Anche se il suo vice è stato incaricato di prendere il suo posto, non c’è nessuno per il momento con la sua gravitas a sostituirlo.
(C’era anche indignazione: su quali basi gli Stati Uniti possono assassinare qualcuno, indipendentemente da chi fosse Soleimani? E poi anche l’Iran e Soleimani facessero la stessa cosa, dall’America Latina – qualcuno se la ricorda Buenos Aires 1994? – al medio oriente. Questo non che nessuno dei due approcci siano giusti, ma la rabbia rivolta solo alle azioni americane non è una buona politica.)
Soleimani è stato così centrale per quasi tutti gli eventi regionali degli ultimi due decenni che anche le persone che lo odiano non riescono a credere che potesse morire, un po’ come se la gente che non riusciva a credere che Saddam Hussein fosse davvero scomparso. Cosa succede senza di lui? Che cosa viene dopo: la guerra? Caos? Ritorsioni limitate? Niente? Nessuno con un profilo come Soleimani è stato assassinato nella storia recente. Come ha twittato la giornalista libanese Alia Ibrahim: Donald Trump ha fatto la sua mossa; ora spetta a Khamenei, mentre il resto di noi aspetta di scoprire se domani è un giorno migliore o una nuova fase in un ciclo apparentemente infinito di violenza. Per ora, in alcune parti della Siria, alcuni stanno passando vassoi di baklava per celebrare la morte di Soleimani.
KIM GHATTAS è un senior fellow non residente presso il Carnegie Endowment for International Peace e autore del prossimo libro Black Wave: Arabia Saudita, Iran e la rivalità di quarant’anni che ha svelato cultura, religione e memoria collettiva nel Medio Oriente, che esce nel gennaio 2020.