Il giornale Al Jumhuriya ospita un nuovo spazio:”Il Giornale di Samira”, dedicato all’attivista Samira Khalil(sequestrata a Duma il 9 dicembre del 2013 con Razan Zaitouneh, Wael Hamada e Nazem Hammadi). L’autore è lo scrittore Yassin Al Haj Salej, marito di Samira.
Qui l’originale in arabo pubblicato l’11 luglio 2019.
Sammur,
Ti ricordi che hai passato il mio primo articolo al computer e mi hai insegnato ad utilizzarlo per scrivere? Confesso che rimasi sorpreso dal modo in cui si potesse così facilmente tradire la penna e cominciare a scrivere direttamente su uno schermo dopo aver superato la mia ipotesi romantica secondo la quale penna e foglio sono indissolubilmente legati. Ti chiedevo ogni cosa: dov’è la shadda(segno ortografico della lingua araba che indica il raddoppiamento fonetico di una vocale NDT) ?E le parentesi? Perché lo schermo ha così poca luce? La mia insegnante ebbe molta pazienza con il suo scontroso allievo. Leggevi gli articoli prima di inviarli e ne tessevi le lodi. Poco dopo, iniziai a pubblicare regolarmente, almeno una volta alla settimana, e smisi di mostrarti i testi prima di inviarli. A volte parlavamo di un articolo che stavo scrivendo o semplicemente che dovevo inviare e mi chiedevi di mostrarteli prima o al momento dell’invio, cosa che continuai a fare, una o due volte, volevo mantenere la vecchia abitudine. Ero solito giustificarmi dicendoti che in ogni caso lo avresti letto nell’arco di due o tre giorni. Per tuo marito, che passava la maggior parte del tempo immerso nei suoi pensieri, la scrittura era un lavoro da svolgere da solo e isolato dal mondo, un atto di parola unito all’anima, e il ritmo accelerato, veramente soffocante, al quale fui sottoposto per anni mi aveva lasciato con i nervi a fior di pelle: non avevo finito una cosa e ne stavo già facendo un’altra. C’è stato un tempo, non so se ricordi, Sammur, durante il quale scrivevo due articoli a settimana. Questo ci assicurava un reddito generoso, ma quando guardo indietro a quegli anni, quel ritmo mi sembra una specie di ingresso volontario in carcere. Una volta qualcuno disse qualcosa in presenza di Bakr(Bakr Sidqi, scrittore e amico di Yassin NDT) a proposito del periodo durante il quale uscì di prigione, rispose sarcasticamente: Ma Yassin è uscito di prigione? Questo aneddoto riassume abbastanza bene la realtà.
Durante tutti gli anni trascorsi insieme, tu eri una compagna di vita che riusciva a malapena a staccarsi dalla scrittura per dedicarsi all’amicizia. Ero un giornale, o quasi. E il giornale era tuo. Era il progetto che volevo veder fiorire. E al margine del quotidiano, i nostri amici costituivano una sorta di Siria in piccolo, e non pochi di loro erano giovani coppie che amavano la vita e il nostro rapporto, e si sentivano a casa quando erano in casa nostra.
Quella piccola Siria si è sparpagliata dappertutto, come la Siria più grande. Ma alla sua diaspora, alla gente di quella Siria manca la sua assente, e anche il suo compagno quando si assenta per un pò.
Non ti avevo ancora detto, Sammur, che sono riuscito ad uscire dal ritmo frenetico della scrittura, e non sono più il giornale da quando ho lasciato Damasco sei anni fa. Né scrivo più sui giornali da circa due anni.
Avevo appena cominciato a smettere di essere un giornale quando ti sei assentata da me, tu, che eri la proprietaria del progetto. Avresti potuto pubblicare un giornale di grande successo in una Siria meno atroce della nostra, Sammur. Pubblicando meno, anche se non necessariamente scrivendo di meno, voglio dedicare a te gli articoli, le lettere e i pensieri che pubblicherò. “Il Giornale di Samira” è l’ombrello in cui verranno incorniciati i testi pubblicati su Al-Jumhuriya.
Ricordi, Sammur, che io da solo ho pubblicato tre numeri di una pubblicazione personale chiamato “Qantara” (Ponte) tra la fine del 2000 e la primavera del 2001, mentre tu lavoravo per il quotidiano “Al-Khalij” (Il Golfo) a Damasco ? Credo che tu stessa abbia passato al computer alcuni dei testi di quella pubblicazione, alla cui edizione e impressione ci hanno aiutato due cari giovani amici, le cui strade si sono separate in seguito. Ti ricordi che ti dissi quando venne pubblicato il primo numero? Ciò che intendevo con “ponte” era un qualcosa che doveva servire ad unire due generazioni e due fasi di azione pubblica nel nostro paese. Se la memoria non mi inganna, dissi anche che era un ponte tra due forme di azione pubblica del suo editore. Il giornale di Samira è un ponte che va verso di te, tu lontana da me, ma più vicina di chiunque altro.
Caro lettore:
I testi pubblicati sul “Giornale di Samira” sono testi di Al-Jumhuriya attraverso i quali si vuole recuperare dopo una breve pausa, una certa frequenza di pubblicazione. Spero che chiamarlo “Il Giornale di Samira” possa darmi la libertà di scegliere il contenuto e lo stile, e anche l’estensione degli articoli. Samira non sarà necessariamente oggetto di ogni articolo, ma la sua presenza nel momento della scrittura, direttamente o indirettamente, sarà un incentivo, come una persona alla quale rivolgersi come argomento o sentendone l’assenza, una persona che riesca a dare a questi testi un’intimità che li faccia risaltare.
D’altra parte, i testi del “giornale” rispondono al mio bisogno di parlare a mia moglie assente. Samira era l’assente sulla quale ho scritto degli articoli, si di lei e sulla sua causa, che è anche quella dei suoi colleghi Razan, Wael e Nazem. Samira è stata l’autrice e la voce del suo libro Diario dell’ assedio a Duma 2013 (disponibile in arabo e spagnolo NDT)e colei alla quale ho indirizzato le mie lettere (le “Lettere a Samira”, 13 in totale, pubblicate su Al Jumhuriya NDT)In questo giornale, Samira è il simbolo a cui mi riferisco, sempre presente nella misura in cui è assente.
Samira rappresenta una causa generale, che non è indipendente da Razan, Wael e Nazem. La causa è la stessa, ma Samira è la mia compagna e la mia causa personale come suo compagno sopravvissuto, ed è anche il nucleo e metro di misurazione del mio pensiero su molteplici cause. Non penso a Samira né la ricordo, perché lei è sempre con me, e io sono lei in sua assenza.