Scritto da Muhammad Idrees Ahmad per The New Arab, tradotto da Giovanna De Luca
In seguito al recente attacco chimico del regime siriano su Douma, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia hanno portato a termine una veloce ma simbolica azione per distruggere tre strutture dove erano immagazzinate armi chimiche.
L’azione non é stata lodata da tutti. Per i siriani é stato troppo poco e troppo tardi; per isolazionisti e “antimperialisti” l’attacco aereo numero 15,201 sulla Siria da settembre 2014 é stata una “pericolosa escalation” in una guerra dove non ci sono “bravi ragazzi”.
“Non ci sono bravi ragazzi”- o “sono tutti cattivi” – é diventato una metafora usata da molte persone, altrimenti decenti, per assolversi dalla colpa morale del restare spettatori dell’ingiustizia. (L’indecente, dall’altro lato, considera Assad il “male minore”, sempre che non lo sostienga apertamente).
La metafora si basa su una metodica volontá di ignoranza, di dubbio irrazionale, e di artefatta incertezza. É stata supportata da una paranoia post-veritá dove il cinismo passa per scetticismo e tutti i fatti sconvenienti svaniscono in una nebbia di rivendicazioni concorrenti. “Non possiamo saperlo davvero”.
Ma i fatti sono davvero cosi sfuggenti? Ed é davvero cosi impossibile distinguere il bene dal male?
Di fatto il conflitto in Siria é quello più osservato da vicino in tutta la storia, ogni aspetto é stato investigato, ricercato, filmato, documentato e riportato.
L’immagine che ne emerge non é equivoca. Nel report della Commissione di Inchiesta sulla guerra in Siria dell’Unione Europea il regime é responsabile di “crimini contro l’umanitá; sterminio; omicidio; stupro o altre forme di violenza sessuale; tortura; incarcerazioni; sparizione forzata ed altri atti inumani”.
Diamo ora uno sguardo ad aspetti specifici del conflitto.
Il bilancio delle vittime
L’Unione Europea ha smesso di contare le vittime in Siria nel 2014 e le ultime stime (nel 2016) del Syrian Center for Policy Research hanno stabilito che un numero di 470.000 vittime. Comunque il Violations Documentation Center, (CDV), che registra il numero di morti documentate, stima che almeno 188,026 persone sono state uccise durante la guerra; il Syrian Network for Human Rights (SNHR) che raccoglie i dati dai Comitati di Coordinamento Locale, parla di 217,764 vittime solo tra i civili.
Il VDC attribuisce il 90% delle vittime civili al regime; il SNHR il 92%.
In seguito alla crescita dello Stato Islamico, l’attenzione dei media è stata quasi interamente deviata verso le sue macabre atrocitá. Ma in un anno di vita del “Califfato”, l’investigatore delle Nazioni Unite Paulo Sergio Pineheiro, ha ritenuto comunque che il regime “rimane(va) responsabile della maggior parte delle vittime civili”. Dalla sua entrata in guerra, la Russia ha fatto un numero di vittime più alto di quello del regime.
Armi chimiche
Secondo la Commissione d’Inchiesta delle Nazioni Unite, il regime ha usato armi chimiche in almeno 34 occasioni dal 2013. In un’indagine (verificata da Amnesty International e dalle Nazioni Unite), Human Rights Watch ha confermato che ci sono stati 85 attacchi chimici in Siria dal 2013, solo un attacco con armi al cloro potrebbe essere attribuito ad un gruppo armato dell’opposizione. Uno studio epidemiologico ha dimostrato che il 97,6% delle vittime di questi attacchi sono stati civili.
Attacchi a strutture sanitarie
Le Nazioni Unite hanno condannato il regime il regime anche per la “deliberata distruzione di strutture sanitarie”. É stato riscontrato un “modello di attacco” da parte delle forze pro-regime che indica “un attacco deliberato e sistematico agli ospedali e ad altre strutture mediche”. Medici senza Frontiere si occupava degli ospedali che sono stati attaccati dal regime con l’assistenza russa in tutta la Siria. Nel 2016, ci sono stati 71 attacchi contro 32 strutture mediche di Medici senza Frontiere; nel 2015 ci sono stati 94 attacchi contro 63 strutture.
I Medici per i Diritti Umani sostengono che il regime e la Russia sono stati responsabili di 446 dei 492 attacchi a strutture mediche in Siria e sono responsabili dell’uccisione di 767 membri del personale medico su un totale di 876 vittime. Human Rights Watch e Amnesty International International hanno entrambe condannato l’attacco a ospedali da parte della Russia e del regime come “strategia di guerra”. Entrambe le parti sono state anche accusate di puntare deliberatamente agli operatori umanitari.
Tortura e sterminio
C’é un’abbondante evidenza della politica di incarcerazioni di massa ed omicidi extragiudiziali del regime. Secondo Amnesty International il regime ha impiccato 13.000 prigionieri, soprattutto civili, nella prigione militare di Saydnaya come “parte di una deliberata politica di sterminio”.
Oltre 75.000 persone sono scomparse. Almeno 6.786 persone torturate a morte nelle prigioni del regime sono state identificate attraverso 53.275 foto portate fuori dalla Siria da un militare disertore.
Violenza sessuale
La Commissione delle Nazioni Unite sulla Siria ha confermato precedenti reports secondo i quali il regime ha sistematicamente usato lo stupro, su uomini, donne e bambini. Nemmeno gli atleti sono stati risparmiati. Un’investigazione del ESPN ha dimostrato che il regime ha”ucciso, bombardato o torturato a morte decine di giocatori di calcio”.
Fame e deportazioni
Gli investigatori delle Nazioni Unite hanno condannato l’uso, da parte del regime, della fame come arma di guerra. Il regime l’ha usata come elemento della sua politica di trasefrimenti forzati. Dall’inizio del conflitto 5.4 milioni di siriani di Siriani sono stati obbligati a lasciare il paese; 6.1 milioni si sono dovuti spostare all’interno del paese.
Una ricerca sui rifugiati condotta nel 2015 dal Berlin Social Science Center mostava come la violenza del regime fosse la prima causa dei loro spostamenti. Allo stesso tempo il regime ha condotto una “ingegneria demografica” per rendere permanente l’esproprio. Una “Legge sugli Assenti” in stile israeliano permette ai sostenitori del regime di reclamare proprietà nelle aree spopolate, per creare una geografia politica con una base settaria omogenea.
Nessuno comunque sostiene che l’opposizione non abbia difetti o non abbia commesso crimini.
Abbiamo bisogno di garantire che ogni criminale di guerra – ribelle o del regime – sia portato davanti alla Corte Penale Internazionale.
Ma solo una persona senza alcun senso dellla proporzione e con una totale indifferenza nei confronti della veritá potrebbe mettere le due parti sullo stesso piano.
I crimini del regime sono colossali, sostenuti e deliberati; sono l’espressione della sua politica. L’opposizione é disorganizzata, anarchica e dispersa. I suoi crimini sono impulsivi, contenuti e caotici: si riflettono solo sul gruppo o l’individuo che ha commesso il crimine. I veti russi che proteggono specifiche violazioni del regime hanno creato un clima generale di impunuitá dove la criminalitá cresce. Questo deve cambiare.
Tuttavia la formula lessicale “da entrambe le parti” e “non ci sono bravi ragazzi” ha creato un livellamento artificiale dove una grande rivolta pacifica delle masse é messa sullo stesso piano morale di un regime assassino che ha spinto tale rivolta alla militarizzazione.
La spietata campagna contro la rivolta civile ha lasciato un vuoto riempito da molti gruppi disgustosi. Ma le persone che non si sono piegate di fronte ad un regime genocida aiutato da due forti potenze non si sono fatte intimorire da Al-Qaeda.
Infatti, dal 2016, cittá siriane come Ma’arat al Un’man, Saraqeb e Kafranbel hanno regolarmente protestato sia contro il regime che contro Al-Qaeda. In alcune cittá sono stati espulsi con successo i jihadisti e proteste contro Al-Qaeda sono in corso a Sarmada, proprio mentre scrivo.
Quello che vediamo in Siria non è una “guerra civile” ma una guerra sui civili. L’etichetta “guerra civile” suggerisce un tipo di paritá in un contesto nel quale esiste tutto tranne uguaglianza. In Siria la battaglia si é svolta spesso tra bombardieri di alta quota e ospedali; tra barili bomba e campi da gioco.
“Confondere coloro che compiono certi crimini con le loro vittime” diceva il grande scrittore italiano sopravvissuto all’olocausto, Primo Levi, ”é un disagio morale o un’ostentazione estetica o un sinistro segno di complicitá; soprattutto é un prezioso servizio reso (intenzionalmente o no) a coloro che negano la veritá.”
Non permettiamo che la veritá sia sostenuta da una atrefatta “nebbia di guerra”. Ci sono bravi ragazzi in Siria e hanno bisogno del nostro supporto.