Scritto da Nidal Bitari, tradotto da Mary Rizzo
Ho completato i miei studi nel 2010 con un Master ed una tesi sul progetto nazionale palestinese. Infatti, mi ero reso conto che non ha senso parlare di una società palestinese. Quello di cui mi ero reso conto era che noi, il popolo palestinese, siamo diverse società. E tutto questo è logico, visto che viviamo sotto diverse strutture socio-economico.
La Siria è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso in questo discorso. La maggior parte dei palestinesi, allora, principalmente dalla Siria, sostenevano Assad, nonostante Assad stesso avesse in prima persona distrutto il Popolo Palestinese nei campi dentro la Siria, e nonostante la presa di posizione del regime, già in 2011, contro i palestinesi, accusati di essere gli istigatori della rivolta.
Quello che la guerra in Siria ci ha dimostrato senza ombra di dubbio è che l’intera narrazione della causa palestinese deve subire uno spostamento, siccome gli obbiettivi del discorso nazionalista a volte coincidono con gli obbiettivi dei movimenti contro i diritti dei palestinesi nel mondo arabo e nel resto del mondo.
Innanzitutto, non è morale, e non sarà mai un punto di visto etico sostenere i palestinesi e allo stesso tempo rifiutare di riconoscere i crimini storici in Siria. Ogni genere di crimine, contro l’umanità, contro l’essere umano, contro l’infanzia, contro il diritto alla vita, il diritto di mangiare e il diritto di respirare.
Non puoi essere “pro-Palestina” e contro i diritti dei siriani, o dei palestinesi della Siria. Semplicemente, in parole povere, non andrò mai ad una protesta per la Palestina in cui vengono sventolate le bandiere dell’Iran e di Hezbollah. Lasciate che vi ricordi che per Hezbollah e l’Iran, e per alcune fazioni palestinesi, la strada per Gerusalemme passa da Al Zabadani, Aleppo e le vedove di Daraya. Per loro, la via per Gerusalemme corre addirittura sopra i corpi delle persone, dove la gente muore dalla fame. La via calpesta gli stomaci affamati dei bambini palestinesi nel campo di Yarmouk.
Lasciate che vi ricordi che a Yarmouk, un soldato appartenente al PFLP-GC tiene sotto assedio sua madre e sua sorella, proibendo loro di cercare un pezzo di pane. No, non sto esagerando, questo è letteralmente accaduto.
Il Ministro di Affari Esteri del Libano ha dichiarato nel suo discorso alla Lega Araba “sono qui per dimostrare il nostro essere arabi”e che “senza Gerusalemme non esiste né il popolo arabo né l’arabismo”. La mia risposta per lui è, “vaffanculo”.
Prima di ogni altra cosa, signor Ministro, dimostra la tua umanità, permetti ai palestinesi che scappano dall’inferno in Siria di entrare in Libano. Anzi… dimenticati di Gerusalemme e lascia che un medico profugo in Libano possa esercitare la sua professione di medico. Lascia che i palestinesi possano lavorare con dignità, anzi, permetti ai palestinesi in Libano di lavorare, prima di difendere Gerusalemme, lascia che i palestinesi possano vivere come essere umani.
Quello che dici dimostra solo l’ipocrisia, nient’altro che ipocrisia. Lascia che ti rinfreschi la memoria, nessuno dei paesi del mondo arabo, dal Libano alla Giordania all’Egitto, ha aperto le porte per i palestinesi che sopravvivono a stento in Siria. Anche l’OLP ha abbandonato i palestinesi al loro destino. Soli, devono sfidare la morte e le onde del Mediterraneo per raggiungere le terre dei sogni dell’Europa.
Gente, datemi ascolto: quando ci si imbarca su un gommone o una barca per fuggire, per sopravvivere, si ha solo il 10% di possibilità di farcela e a volte, in inverno, questa possibilità scende a meno dell’1%. I palestinesi hanno preferito correre questo rischio per arrivare sulle coste dell’Europa, e nessuno ha provato a scappare su un’imbarcazione da Ras al-Nqora in Libano per giungere Haifa, Jafa o Acri, anche se per arrivare sulle coste della loro terra d’origine dalle coste del Libano occorrono su per giù 15 minuti. Nemmeno una persona ci ha provato. Loro sanno che i soldati dell’Hezbollah e dell’Esercito libanese li avrebbero uccisi senza esitazione. Forse a questi palestinesi non importa più il loro diritto al ritorno, forse hanno figli, forse vogliono che i loro figli sopravvivano, forse vorrebbero che i figli vivessero una vita normale.
Io lancio una sfida a qualsiasi leader arabo:concedere ad un palestinese i documenti per potersi muovere liberamente o per viaggiare. Gente, lasciate che ve lo dica: i miei amici nati nei campi palestinesi della Siria, che sono fuggiti in Europa, hanno ottenuto la cittadinanza. E pensa un po’, alcuni di loro hanno potuto per la prima volta visitare le loro famiglie, che non hanno mai potuto incontrare in Palestina/Israele. I loro passaporti sono stati timbrati in Israele, e nonostante tutto, possono andare ed entrare in Libano senza un visto.
Ve lo assicuro, se gli arabi lasciano stare Gerusalemme, Gerusalemme sopravvivrà. Se interferiscono, pure loro sopravvivranno, ma Gerusalemme, la sua gente, e noi, saremmo tutti fottuti…