I tre ingegneri che venti anni fa precedettero i bambini di Daraa’, parola d’ordine: “Il Ceausescu degli arabi”

Traduzione di N.El Assouad

Revisione a cura di Sami Haddad

Testo originale su Zamanalwsl

Riportiamo una breve introduzione di Sami Haddad:

In ricordo di un caro amico e compagno.
Confesso il mio pessimo rapporto con il telefono che mi fa sentire prigioniero e lontano da ciò che amo e che ho amato. Dal tono di chi sta dall’altra parte si intuiscono le cose, non dimentico mai quel mattino del 15 aprile del 1990 quando chiamai per fare gli auguri ai miei di buona pasqua, rispose mio fratello con un tono di voce che mi ha congelato il sangue nelle vene, lo chiesi se era successo qualcosa di grave, ma lui negò e dopo tanta insistenza mi rispose: il tuo caro amico non c’è più, è morto sotto tortura, e non sappiamo che fine abbiano fatto altri dei tuoi amici”. Questo era il regalo che “il protettore dei cristiani” ha riservato alla gente di Yabroud, nella Pasqua di quel anno. Torna nella memoria la lunga amicizia con Mounir, le passeggiate le discussioni, il confronto, la lotta ad Aleppo e infine il fatto di fuggire in Italia nel 1982. Lui non resse la precarietà di cui vivevamo e decidesse di tornare in Siria dopo un anno. Questa storia, come tante altre, ha lasciato dentro di me una ferita indelebile, e mi porta oggi a riflettere continuamente quando vedo rifugiati respinti e pensare alla fine che potrebbero avere, alle migliaia di persone che hanno perso la vita sotto tortura e a quelli che sono imprigionati e spariti. Ma ciò che ferisce pure, vedere il prete del regime, l’archimandrita melkita di Santa Maria in Cosmedin proveniente dalla stessa città di Yabroud, insieme ai suoi amici fascisti e “anti imperialisti” parlare dei cristiani come se fossero una categoria a parte, bisognosi di protezione e non come siriani, anche se tanti di loro hanno lottato e lottano insieme a tutto il popolo siriano per avere la libertà ed essere cittadini liberi in uno stato libero e democratico. Questo ricordo è per onorare le persone che non ci sono più per ricordare quelli che hanno pagato e continuano a pagare per la libertà della Siria e affinché continui dal dolore profondo e insopportabile la lotta per la giustizia e la libertà.”

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Dopo la caduta del muro di Berlino e dei regimi autoritari dell’Europa dell’est, tra cui la Romania, alla fine degli anni ottanta, furono in molti i siriani che sperarono in una fine simile per il regime di Hafez Al Assad. I servizi segreti siriani (mokhabarat) temettero un appoggio internazionale a qualunque movimento di rivolta nel paese e questo li portò a far di tutto pur di ammutolire ogni voce che cercasse di alzarsi e ogni dibattitopubblico o segreto, che avesse a che fare con il dittatore rumeno giustiziato, a causa della somiglianza tra i due dittatori e le situazioni parallele dei due paesi.

I giovani cominciarono a scrivere frasi di protesta sui muri in varie città siriane incitando al rovesciamento del regime di Assad padre. Le autorità invece, accusarono i partiti politici di opposizione di istigazione e fecero di tutto per intimidire il popolo e sopprimere ogni segnale di rivolta.

Tra di loro vi era Mounir Fransis, un ingegnere che pagò con la vita per una frase che aveva scritto sui muri di una scuola di Yabroud, uno scenario che si ripeterà venti anni dopo a Daraa, con l’episodio che darà inizio alla rivoluzione siriana con frasi anti regime come è giunto il tuo turno dottore” scritte sui muri delle scuole dai bambini dopo aver visto tramite i canali satellitari il destino dei tiranni arabi deposti dai propri popoli.

E come i bambini di Daraa che non furono fortunati e non sopravvissero all’olocausto di Assad, anche Fransis, il giovane tanto amato e conosciuto per la sua buona reputazione dagli abitanti della sua città, ai piedi della montagna del Qalamoun, morì sotto tortura.

Quel giorno del 1990, nel mezzo della notte, gli agenti dei servizi di sicurezza prelevarono tre ingegneri dopo essersi infiltrati nelle loro case a Yabroud, accusandoli di aver scritto su un muro: “Abbasso il Ceausescu degli arabi”. Uno di loro perse la vita sotto tortura, gli altri riportarono gravi ferite fisiche e psicologiche sofferte fino al giorno d’oggi. Un ragazzo della stessa città, che ha scelto di essere chiamato Saqr Yabroud” (il Falco di Yabroud) per motivi di sicurezza, racconta che dei ragazzi del posto scrissero sui muri della scuola che porta tutt’oggi il nome del martire “Mohammed Khair Ainawy questo slogan anti Assad e furono alcuni informatori del regime a rivelare i nomi degli ingegneri Samir Al Haddad, Mounir Fransis e Yousef Mikhail Ghayth,  simpatizzanti di sinistra.

La nostra fonte racconta che gli agenti dei Servizi di Sicurezza Politica accompagnati dal capo della sezione del partito Al Baath di Yabroud, entrarono brutalmente nelle case dei tre ragazzi per portarli poi alla divisione di sicurezza militare del Nebek diretta allora dal colonello Al Youssef, e li fu ucciso Mounir Fransis, preso a calci, dopo quatto giorni dal suo sequestro. Mounir aveva progettato di sposarsi dopo avere ottenuto la laurea in ingegneria dall’Università di Damasco.

La scrittrice Khawla Dounya in una sua testimonianza racconta di aver visitato la casa del martire Mounir Fransis una volta uscita di prigione e di essere venuta a conoscenza del fatto cheFrancis aveva avuto una crisi renale causata dalle barbare torture a cui era stato sottoposto nella caserma del Nebek prima ancora di essere portato in prigione, e non venne mai curato e le torture continuarono, e ai familiari non fu mai consentito di aprire la  bara sigillata dove era stata messa la sua salma e furono costretti a seppellirlo senza un funerale che gli rendesse omaggio.

La morte di Fransis mise i cittadini di Yabroud, cristiani e musulmani, in stato di allerta, e Samir Al Haddad e Yousef Michael Gaith che non aveva ancora compiuto venti anni, furono spostati all’ospedale (Al Moujthahed) a Damasco in uno stato pietoso sotto la rigida sorveglianza della sicurezza militare.

Il nostro interlocutore ci ha raccontato che alla famiglia di uno dei sopravvissuti, Samir Al Haddah non fu consentito visitarlo, ma una dottoressa di nome M.A si prese cura di lui durante la sua permanenza in ospedale, e raccomandò di nascosto ai suoi colleghi medici di occuparsi di lui fino alla sua guarigione, i due sisposarono in un secondo momento.

Al Haddad infatti era in uno stato psicologico e fisico pessimo e fu capace di camminare di nuovo solo un anno dopo la sua liberazione.

Il Falco di Yabroud ci ha raccontato che i suoi aguzzini gli lacerarono i piedi torturandolo con bastoni e cavi quadripolari e che fu ricoverato per lungo tempo in terapia intensiva.

Dopo la sua liberazione, sei anni più tardi, i suoi amici gli consigliarono di vendere i suoi beni e di lasciare la Siria. Al giorno d’oggi Samir vive in Francia con la moglie.

 

 

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