Scritto dalla Redazione Al Jumhuryya. Traduzione di Natascia Lorenzo, revisione di Sami Haddad
Non si tratta soltanto di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele da parte del presidente americano e della sua amministrazione, ma anche disprezzo per il popolo palestinese e per il suo legame con una città che occupa una posizione centrale nel nazionalismo palestinese contemporaneo e nella coscienza di musulmani e cristiani. Non è certo una novità, considerato che le varie amministrazioni americane e il sistema internazionale si sono sempre schierate, già all’indomani della II Guerra Mondiale, a fianco di uno Stato fondato, essenzialmente, sulla pulizia etnica. Tutt’oggi, infatti, esso continua a basarsi sulla discriminazione razziale. La novità riguarda piuttosto la totale assenza da parte delle forze che comandano all’interno del sistema internazionale di ogni richiesta di giustizia e di pace, anche se in maniera soltanto formale, in modo da archiviare il già disastrato processo di pace israelo – palestinese e lasciare che l’attuale spezzettamento dei Palestinesi in unità isolate segni la fine della loro lotta.
Nella vicina Siria, dove la presenza del sistema internazionale è più evidente oggi, il destino dei Palestinesi si rivela nella sua vera natura. Esso si manifesta sotto forma di difesa internazionale del governo assadista nel Consiglio di Sicurezza nel modo in cui viene protetta Israele; Sotto forma di sterminio fisico dei ribelli siriani a cui si accompagna lo sterminio politico della maggior parte dei cittadini siriani che ricorda quello dei Palestinesi nella loro terra. Si manifesta altresì sotto forma del monopolio delle armi di distruzione di massa e delle armi dell’aviazione di Assad e di Israele, in una sistemazione dell’umanità in ranghi, all’interno della quale alcuni hanno diritto alla sovranità e alla protezione da parte del sistema internazionale. Costoro si impadroniscono di un potere duraturo, hanno facoltà di uccidere, e sono esonerati dal rispettare le leggi, mentre altri vagano senza meta e alla loro sofferenza non viene riconosciuto il benché minimo significato, privati di tutti i diritti e, addirittura, accusati di rivendicare la propria umanità…e il proprio diritto alla vita.
Lo Stato assadista ha già promosso la “palestinizzazione” dei Siriani in questo modo nel corso degli anni successivi alla rivoluzione l’Israeliano locale (Assad), e lo stato assadista, hanno goduto della completa immunità e sottraendosi, grazie alla protezione internazionale dall’accusa di avere utilizzato armi chimiche nel settembre del 2013. Sembrerebbe che questa brillante riuscita inciti oggi a ripercorrere la strada nella direzione opposta e a riservare ai Palestinesi lo stesso trattamento usato contro i Siriani, privandoli non soltanto della patria ma negandoloro l’esistenza, come sottinteso nella decisione di Trump. Questa decisione non è un comportamento frivolo del presidente, come alcuni preferiscono pensare sapendo di mentire a sé stessi, sperando forse che dopo di lui arrivi un presidente americano “ragionevole”, e in grado di essere più diplomatico dal miliardario impudente, che, per altro verso, deve tenere conto delle trasformazioni strutturali nel sistema internazionale che si muovono in una direzione opposta alla democrazia e sono più indifferenti al razzismo. Addirittura, la destra europea, nella manifestazione svoltasi pochi giorni fa in Polonia, ha predetto un nuovo olocausto che questa volta prende di mira i musulmani.
Per quasi sette anni, in Siria sono state sperimentate alcune di queste trasformazioni antirivoluzionarie e antidemocratiche. Durante questi lunghi anni, infatti, i massacri, anche quelli compiuti con l’uso di armi di distruzione di massa, sono diventati uno strumento tollerato dalla politica internazionale, esattamente come l’industria della tortura e della morte nelle carceri e nei centri di sicurezza. Da questo momento in poi, l’esempio siriano fornisce un precedente su cui le forze internazionali influenti possono fare affidamento per uccidere un maggior numero di esseri umani e per sperimentare nuove armi, come i funzionari russi vantano di fare in Siria. Dunque, se oggi i Palestinesi si sollevassero in una nuova intifada, sarebbe più probabile che ad essi fosse riservato lo stesso trattamento che il regime assadistariserva ai Siriani che si basa anche sulla deriva reazionaria del sistema internazionale.
Tali trasformazioni strutturali richiedono riflessione e un’analisi approfondita nonché la costruzione di politiche di riscatto per poterle affrontare, e non certo discorsi falsi, demagogici e populisti, come quelli del sedicente “fronte della resistenza” (leggi regime di Assad e i suoi alleati) che ritengono di poter deridere i cittadini dei nostri Paesi, che credono distratti e ignoranti, mediante i discorsi di demagoghi come Hasan Nasrallah (leader di Hezbollah in Libano), il quale sostiene che le loro sofferenze e la loro dignità non hanno alcuna importanza, in confronto a ciò che hanno deciso alcuni fanatici servi come lui. La peggiore risposta alla falsità del sedicente “fronte della resistenza” è quello che sostiene il fronte della “resistenza inversa” che, minimizzando tutto e dubitando dell’utilità e del significato della resistenza, rimproverano continuamente le vittime di essere irrazionali e poco intelligenti. Questi due atteggiamenti sono due facce della stessa medaglia. La verità è altrove, la verità è nella realtà dello sterminio politico e fisico in corso in Siria, è nella privazione dei Palestinesi di una dimensione ideale e simbolica che è molto più importante del loro patriottismo, dopo che la maggior parte di loro sono stati cacciati dalla propria patria e, ancora, nella discriminazione razziale contro quanti invece vi sono rimasti. È, poi, nella complicità delle dirigenze locali nei nostri Paesi con gli occupanti e le potenze internazionali, nonostante che il loro razzismo aumenti sempre di più.
Se oggi c’è un’ulteriore realtà che indica la palestinizzazione dei Siriani, è quello del “processo di pace “che ripropone esattamente quello palestinese, come questo disastrato, ma lo supera di gran lunga in bassezza, arroganza ed inganno. Non si sa se questo processo abbia luogo a Ginevra, Astana o a Sochi, dove si creano alla luce del sole finti oppositori che di fatto non hanno alcuna intenzione di opporsi agli occupanti e al loro servo, il criminale locale, mentre quanti difendono il valore della rivoluzione e la voce dei poveri e di coloro che vengono privati della propria patria sono accusati di estremismo. Questo processo non promette ai Siriani nient’altro se non una cittadinanza di seconda classe nel loro Paese, sottoposto a molteplici occupazioni militari che si nascondono dietro un potere ereditario e dinastico basato sul massacro, dove, si instaura in realtà lo stesso ordine del regime israeliano, Ciò che si trova al di là della presunta pace siriana è un regime di ghettizzazione e discriminazione razziale, situazione che non è assolutamente nuova per la Siria e che non assomiglia neanche a quella del vecchio regime assadista . Per concludere il discorso sulla questione palestinese oggi e sul destino delle rivoluzioni arabe, è necessario che ci sia una nuova generazione rivoluzionaria e nuove pratiche e politiche di riscatto che archivino la pagina del sedicente “fronte della resistenza” e quella del della “resistenza inversa” in modo che la politica di questi Paesi si basi sull’uguaglianza di tutti i cittadini e sul principio dell’autodeterminazione. Questo è quanto potrebbe diventare la novità controcorrente che riscatta.
Articolo del Gruppo Al –Jumhuryya
Dicembre 2017