Il coraggio della verità: Buon Compleanno Razan.

Chi segue le vicende siriane conosce Razan Zaitouneh. Ma forse chi è arrivato un pò dopo l’inizio della Rivoluzione non conosce questa coraggiosa attivista, e non sa nemmeno che oggi è il suo compleanno. Razan Zaitouneh è un’attivista non-violenta siriana, avvocatessa, scrittrice/giornalista e attiva nel riportare i crimini di guerra commessi in Siria- quasi dall’inizio della Rivoluzione- da tutte le parti coinvolte negli scontri. Razan non documenta piú questi crimini da quasi nove anni, perché il 10 dicembre 2013 è stata rapita, molto probabilmente da un gruppo jihadista, che faceva la voce grossa a Douma e che non tollerava ingerenza alcuna nei propri affari. Razan aveva denunciato anche i loro crimini, molto simili a quelli del regime e aveva chiesto a colui che comandava questo gruppo, Jaish al Islam, di visitare le loro prigioni, la risposta era stata un secco no. Seguirono minacce dalle quali Razan aveva deciso di non farsi intimidire, come afferma nel seguente video Nadim Houri, all’epoca membro di Human Rights Watch.

Ecco, Razan aveva messo il naso dove non doveva perchè non tollerava che questi gruppi, infiltratisi nelle regioni liberate dalla presenza del regime, commettessero anch’essi crimini e violazioni.

La sera del 10 dicembre 2013, un gruppo di persone incappucciate entrava nell’ufficio del Violation Documentation Center a Douma, portando via Razan, l’attivista Samira Khalil che stava laborando con lei anche in progetti di aiuto alla popolazione-soprattutto femminile- bombardata e assediata, sequestrava anche il marito di Razan, Wael Hamada, attivista che si prodigava a far entrare beni di prima necessità a Douma e Nazem Hammady che si coordinava con Wael nel lavoro di rifornimento di beni oltre a dare assistenza legale, liddove ce ne fosse stato bisogno, dato che, oltre ad essere attivista, è anche lui avvocato. Da quella sera di loro non si sa piu nulla.

Questo è l’ultimo video realizzato da Razan, a Douma, il 5 dicembre 2013.

Razan negli anni anteriori alla rivoluzione aveva appoggiato la causa palestinese e protestato contro la guerra in Iraq, oltre a denunciare sempre la corruzione e le malefatte del clan Assad. Al diventare avvocato, fece parte di un’associazione per la difesa dei diritti dei prigionieri politici e di un gruppo di sostegno alle famiglie dei detenuti. La domenica, fuori al tribunale di Damasco, aspettava i suoi assistiti per chiedergli come venivano trattati in carcere e quali erano le loro condizioni generali, in aula denunciava denunciava l’ormai obsoleto sistema giudiziario secondo il quale tutti quelli che erano in carcere erano terroristi, spie delle potenze straniere o nemici del regime. Non era raro, vederla nei caffè intorno al tribunale, dopo le udienze, discutere dei vari casi con i colleghi.

Anche lei era considerata una spia dal regime e, quando cominciò la Rivoluzione dovette iniziare a vivere nascosta perchè cosciente del fatto di essere ricercata dalla polizia.

Riuscì a partecipare ad alcune manifestazioni, denunciava i crimini del regime attraverso articoli o in programmi televisivi su emittenti estere, fino a quando poi decise di trasferirsi a Douma, città nella provincia di Damasco, conquistata dai ribelli, dove il regime non governava più, ma faceva notare la sua presenza con le bombe e l’assedio e dove poi riuscirono a farsi spazio vari gruppi jihadisti.

Qui un suo intervento telefonico al programma Democracy Now, per raccontare ciò che stava accadendo.

Razan aveva anche contribuito a creare i Comitati di Coordinamento Locale, gruppi presenti in varie città siriane, che si occuparono dapprima di organizzare e documentare le manifestazioni, in seguito furono attivi nel prestare aiuto a chi era in difficoltà.

Questa bionda e snella donna dagli occhi blu nel 2011 ricevette il premio Anna Politovskaya, per il coraggio mostrato in quella situazione di conflitto, si perchè è di conflitto che si parla dato che, dopo le prime manifestazioni pacifiche, i manifestanti venivano attaccati, feriti, uccisi, dalla polizia del regime. Accadeva anche a Daraya, dove un gruppo di attivisti, guidati da Ghyath Matar e Yahya Shurbaji portavano avanti, coinvolgento molte altre persone, la lotta non violenta, offrendo acqua e rose ai soldati che erano inviati a reprimere le manifestazioni. Razan era molto legata a Ghyath Matar e Yahya Shurbaji, che furono presi e uccisi dal regime. Nel discorso che tiene dal suo nascondiglio, per aver ricevuto il premio Anna Politovskaya, parla anche di loro.

E questa è la lettera che scrive ad Anna Politovskaya nell’ottobre 2011:

I siriani vogliono libertà

Cara Anna Politkovskaya,

so bene che quest’ onore, che porta il tuo nome, non è meritato solo da me personalmente, ma piuttosto dai figli e le figlie della Siria e dai  3.000 martiri il cui sangue è stato versato negli ultimi 7 mesi dalla stessa mentalità criminale esclusivista che ha fatto si fosse versato il tuo stesso sangue

Sono consapevole che la tua passione per la verità e la difesa della dignità umana, per la quale hai dato la vita, non è che un anello in una catena che si estende attraverso il mondo, attraverso individui e interi popoli, che credono nel diritto di tutti a vivere liberi da oppressione, umiliazione e sottomissione.

Ciò nonostante, conferire personalmente questo onore a tutti gli altri siriani assume un’altra dimensione, poiché arriva nel quinto anniversario della tua morte. Significa molto per me ricevere un premio in tuo nome, Anna, come cittadina russa- anche se il governo russo continua a sostenere il regime siriano, che da alcuni mesi sta commettendo crimini contro l’umanità; crimini che sono stati documentati da organizzazioni internazionali per i diritti umani.

Questo semplifica vividamente il fatto che ciò che condividiamo nell’umanità trascende lingue, nazionalità e confini, proprio come la tirannia e la corruzione condividono la stessa essenza sebbene differiscano nei dettagli.

Proprio per questa ragione, credo che la battaglia per la libertà, che i siriani combattono da mesi, porterebbe conforto alla tua anima: perché ogni passo in avanti verso la pace e la giustizia in ogni parte del mondo avvantaggia tutta l’umanità.

Sono consapevole, Anna, che ti avrebbe ferito profondamente vedere il passaggio che il mio paese sta attraversando per liberarsi da un regime che ha perfezionato un comportamento criminale per diversi decenni. Sotto questo regime, decine di migliaia di persone sono morte nelle oscure segrete del suo apparato di sicurezza, o sono morte in massacri e sono state sepolte in fosse comuni. Centinaia di migliaia hanno sofferto gli anni silenziosi e solitari della detenzione, costretti a esprimere e recitare frasi di falsa lealtà verso il loro boia, giorno dopo giorno. E dopo tutto questo, il regime è stato ereditato, come un cimelio reale, di padre in figlio, in un atto senza precedenti, in una repubblica. Tutto ciò è avvenuto tra l’assordante silenzio arabo e internazionale e un livello di complicità raramente visto prima. I popoli oppressi, nel frattempo, sono stati accusati dei crimini del tiranno.Quando il popolo siriano ha deciso, lo scorso marzo, di abbattere il muro della paura e di opporsi alla violenza e all’umiliazione imposte loro dall’apparato di sicurezza, l’ha fatto da solo. Lo hanno fatto senza il profumo della libertà che soffiava dalla Tunisia e dall’Egitto, e la visione di una nuova patria che non ruba il loro essere, il loro futuro e i sogni dei loro figli.Da allora l’apparato di sicurezza ha ucciso civili disarmati, il cui impegno per una protesta pacifica ha sbalordito il mondo per mesi. Ad oggi, secondo il Centro per la documentazione delle violazioni in Siria, ci sono stati 3.242 martiri, tra cui 199 bambini e 93 donne e ragazze, e 131 uccisi sotto tortura. Queste cifre non rappresentano il numero effettivo di martiri, perché continuiamo a scoprire fosse comuni e apprendiamo della scomparsa di migliaia di prigionieri.I carri armati hanno assediato le nostre città e villaggi, le forze militari hanno bombardato case e torturato decine di persone a morte, sfigurandole e rubandone gli organi. Hamzeh al-Khatib, il ragazzo tredicenne, che è stato arrestato, il cui cadavere è stato ferito e i cui genitali sono stati mutilati, è stato uno dei tanti casi simili.I manifestanti pacifici sono stati arrestati e uccisi a sangue freddo. Ghiath Matar, l’attivista non violento di 26 anni, è morto sotto tortura 3 giorni dopo il suo arresto. Il regime gli ha offerto la morte dopo che lui aveva offerto rose e acqua ai militari in una delle manifestazioni che stava conducendo.Familiari di attivisti sono stati rapiti, torturati e giustiziati come una forma di punizione – nessuno escluso. Zeynab Al-Husni, 19 anni, è stato un esempio di ciò che potrebbe accadere alle famiglie di attivisti e manifestanti: è stata rapita dalle forze di sicurezza, torturata e uccisa pochi giorni dopo l’uccisione del fratello attivista.Le forze di sicurezza eseguono esecuzioni di massa giorno dopo giorno, troviamo nuovi corpi sepolti in tombe non segnate.Proprio come siamo orgogliosi, cara Anna, del fatto che tu abbia trovato amici fedeli che hanno mantenuto vivo il tuo nome per ricordarci chi eri e cosa hai sacrificato per amore della verità e dei diritti umani, vorrei poter recitare i nomi di tutti i nostri martiri, uno per uno. E vorrei poter recitare i nomi delle decine di migliaia di persone che erano, e continuano ad essere, soggette ad arresti e torture.Tutti loro: bambini, donne, giovani uomini e anziani, meritano tutti di essere onorati e immortalati. Perché hanno aperto la porta alla libertà. Hanno aperto una porta che è stata chiusa per decenni, in modo che potessimo seguirne il cammino.E vorrei ricordare al mondo che il popolo siriano, è stato vittima di tutti quei crimini eppure ancora paziente e persistente, è composto da persone che meritano molto più del silenzio complice o timide critiche da parte di coloro che non hanno fatto riferimento a questo regime, nonostante il Tribunale penale internazionale ne riconoscesse i crimini.Tutti gli attivisti, alcuni dei quali conosciamo, stanno creando una nuova storia per il loro paese e la loro regione. Stanno creando una patria e un futuro dalle ceneri delle violenze compiute da uno dei regimi autoritari piú famosi del mondo.E così, Ana Politkovskaya, continuiamo. Continuiamo nella tua memoria e nella memoria di tutti gli altri simboli di verità e libertà nel mondo, affinché la libertà, la giustizia e la democrazia prevalgano nella nostra Siria e nel mondo intero.”

Razan era in contatto con una rete di attivisti e scrisse a proposito delle manifestazioni e di quello che accadeva nel resto della Siria.

Nel 2013 era stata testimone ed aveva documentato l’attacco chimico sulla Ghouta, visitando gli ospedali, parlando con le persone…

Qui il suo racconto di quella strage.

Sin dall’inizio della Rivoluzione, Razan aveva considerato il potere che avrebbe potuto avere la comunità internazionale nel fermare il sanguinario regime di Bashar al Assad (cosa che poi non è avvenuta), ma soprattutto credeva nel valore e la determinazione delle persone che non si sarebbero mai più tirati indietro nella volontà di realizzare i propri sogni di libertà e di un paese migliore.

Razan è la Rivoluzione.

È la speranza, la volontà, il coraggio della gente.

È la lotta contro il regime degli Assad.

È la voglia di giustizia, dignità, libertà.

È la lotta contro ogni ingiustizia.

È il coraggio di denunciare la verità.

“Riguarda persone fantastiche, donne e uomini, che stanno lavorando silenziosamente sul campo per raggiungere il loro sogno di libertà e giustizia”.

La voce coraggiosa di una donna come Razan non verrà mai messa a tacere: buon compleanno!

(G.De Luca)

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