Samira Al-Khalil è un’attivista siriana. Questo suo Diario è un racconto spontaneo e senza filtri di ciò che vide e visse a Douma nel 2013(dove lavorava a un progetto con donne del posto). Douma, a est di Damasco, nella zona di Al Ghouta, (dove l’Esercito dell’Islam dettava leggi)era in quel momento sotto assedio e bombardata dal regime siriana ed i suoi alleati.
La sera del 9 dicembre 2013 Samira fu rapita insieme ai colleghi Razan Zaithouneh, Wael Hammada e Nazem Hamady. Da allora non si hanno loro notizie.
Nel frattempo le parole di Samira, note, riflessioni, post su Facebook, sono stati raccolti ed a oggi il libro è stato pubblicato in 4 lingue.

la versione in arabo pubblicata il 26/09/2016 Editore: The Arab Institute for Studies and Publishing



In occasione del compleanno di Samira, il 2 febbraio gli autori di ogni versione hanno recensito il Diario. Anche i due traduttori all’italiano l’hanno fatto, il 2 febbraio il loro scritto è stato pubblicato su Alhumhuriya e in seguito tradotto all’italiano. ⬇️
Diario dell’assedio: Samira è in Italia
Un’ossessione persistente sentita da qualsiasi attivista, indipendentemente dalla nazionalità e dalla lingua; un’ossessione e una responsabilità che lo perseguitano sempre, che è quella di trasmettere la verità di un caso che lo riguarda o di una causa che riguarda i cittadini del Paese in cui vive, Italia o qualsiasi altro Paese, dove tentativi di fuorviare, oscurare e falsificare i fatti e ignorare la tragedia siriana sono continuati dall’inizio della rivoluzione fino ad oggi. Ci sono diversi metodi e modi per raggiungere questo obiettivo e trasmettere il messaggio, il primo è la scrittura, che si trasforma in uno strumento di testimonianza, di diffusione della conoscenza, di condanna, di lotta e di resistenza. Questo è ciò che proviamo leggendo i “diari” di Samira, che ci viene trasmesso dalla sua voce ferma, che accusa in voce alta il regime siriano, i suoi alleati internazionali e le potenti forze di questo pianeta, e condanna tutti coloro che hanno voltato le spalle e ignorato una catastrofe come quella vissuta dal popolo siriano. La traduzione può essere un altro mezzo di lotta, la traduzione, come ogni attività intellettuale, e la lotta in particolare, deve essere il risultato di una scelta consapevole. La scelta dell’opera e del suo autore in primo luogo, e poi la questione del linguaggio e dello stile. Così, la traduzione diventa un’opzione per esprimere una posizione di lotta legata all’identità dello scrittore e alla causa che rappresenta o sostiene, e Samira Khalil, come dice suo marito Yassin al-Haj Saleh, “si identifica con la Siria perché il suo percorso di vita è strettamente legato a ciò che sta accadendo nel suo paese”.
Quando l’attivista vive l’esperienza di tradurre i diari dell’assedio, sente che Samira è stata in grado, con le sue parole semplici e oneste, di esprimere ciò che vuole dire. Da un lato, il traduttore, come tale, è tenuto a preservare l’integrità della traduzione e, dall’altro, si sente coinvolto in un testo militante e comprende il significato di ogni sua parola, perché esprime in qualche modo la sua lotta personale; sente il ronzio degli aerei, annusa l’odore della paura e della morte, vede il dolore disegnato sui volti, si sente responsabile di rivelare al di là di ogni lettera e ogni parola una dimensione umana e di lotta, ma a volte affronta l’incapacità del linguaggio, nel tradurre ed esprimere tutto ciò. Ciò che complica la faccenda è che si tratta di un testo scritto da una persona straordinaria, poiché Samira è una combattente, una donna che ha conosciuto la prigionia e ha sofferto l’assedio ed è riuscita a trasmettere umanità anche nei momenti e nelle circostanze peggiori, e ha confutato lo stereotipo spesso prevalente in Occidente, che legava la rivoluzione siriana a correnti e islamiste. Samira è un’attivista rapita dai militanti islamici che si sono arrampicati sulla rivoluzione siriana, ed è una cosa dimenticata: la sua scomparsa simboleggia il tentativo di nascondere l’intera causa siriana, l’assenza di tutti i siriani, compreso lo stesso traduttore come attivista che ritiene che la sua traduzione di questi diari sia parte della sua lotta contro il tentativo di nascondere se stesso e la sua causa. Un impulso inquietante e doloroso accompagna il traduttore in tutte le fasi della traduzione del diario, della ricerca della casa editrice e della presentazione dello scrittore. Il secondo tema che ha reso la traduzione dei diari un atto di lotta è che parla di persone in carne e ossa, bambini, donne e uomini che vissero, subirono un assedio e lottarono, furono assenti, sfollati o uccisi, come se comunicare i dettagli di la loro vita abbia contribuito, anche solo in termini di traduzione, a trasmettere l’immagine della loro lotta e dei fatti della loro vita quotidiana. Con tutta la loro umanità, vitalità, dolore e talvolta gioia infantile, e preservando, le loro voci e i loro lineamenti colorati e pieno di vita. È un semplice contributo alla conservazione della memoria collettiva, della memoria di un popolo e di una causa attraverso le parole. Samira è riuscita a trasmettere sulla carta l’odore del sangue e del gas sarin, oltre al freddo, il suono delle bombe e le grida di disperazione e dolore. Questa è la sfida accolta da tutti coloro che hanno tradotto le sue parole. Le parole di Samira condannano, accusano e testimoniano ancora oggi. E in più lingue, le sue parole raggiungono gli angoli più remoti della terra.
Qui è necessario fare riferimento allo stile letterario prescelto: i diari, nella loro forma realistica diretta, sono riusciti a ridurre le parole e a saltare la ricerca accademica e gli interventi geopolitici, e si sono rivelati un mezzo efficace per codificare un grande tragico problema che nessuno può affrontare appieno, e nessun lettore può comprenderne l’ orrore, come è facile da capire. Del diario viene fuori la sua natura umana e il realismo che permea il cuore e la mente del lettore.
Lo stile del diario si adatta nella maggior parte dei casi al metodo prevalente di comunicazione delle idee in questo momento, poiché storie e immagini, ad esempio, hanno dimostrato la loro capacità di esprimere, suscitare interesse e interagire con il problema meglio e più efficacemente di centinaia di ricerche di interventi. I diari non sono altro che un disegno con le parole della realtà dell’assedio, divenuta a sua volta simbolo di un popolo, e della sua causa, che si è trasformata in questione di asilo e profughi e nient’altro. I diari hanno saputo suscitare l’interesse dei lettori, e in particolare dei giovani lettori, e questo è stato tangibilmente osservato durante la presentazione del libro agli studenti di alcune scuole italiane, leggendone brevi brani, alcuni degli eventi che Samira ha raccontato nei suoi diari. I giovani uomini e donne hanno mostrato un notevole interesse per i diari e, attraverso di essi, con una questione con la quale non hanno mai interagito o simpatizzano prima, se non in modo superficiale, poiché è una delle questioni politiche o geopolitiche che affliggono il mondo, o una tragedia tra le tante tragedie che accadono in zone vicine o lontane a loro, o legato alla questione dei profughi che bussano alle porte del loro Paese e cercano di infiltrarsi nei loro confini. I diari sono venuti a dare ai siriani, a queste donne, uomini e bambini sconosciuti al lettore italiano, volti, lineamenti e nomi reali, e una realtà dolorosa fino all’estremo, e hanno spinto il lettore a interagire con loro e con la loro causa. Samira Al-Khalil è riuscita in ciò che molti dei presenti qua e là hanno fallito. Ci è riuscita grazie al suo stile realistico, semplice ed efficace, con sincerità e distanza dal vittimismo. Ha raccontato storie dettagliate, e le storie dettagliate, come Yassin Hajj Saleh dice: “servono come base per dare alla nostra causa un volto, dei lineamenti e un’entità umana”.
Pubblicare una traduzione italiana del libro di Samira non è stato un compito facile, in quanto l’autrice è assente e sconosciuta ai lettori italiani, e la questione siriana è assente dal dibattito politico pubblico. E a volte viene affrontata da punti di vista giornalistici o geopolitici legati a scopi e interessi specifici. E potrebbe essere proprio questa particolare forma letteraria, il diario, ad aver contribuito a superare la difficoltà di trovare una casa editrice per pubblicare l’opera, a prescindere dagli standard di mercato che spesso seguono le grandi case editrici, motivate dal desiderio di soddisfare le aspirazioni e aspettative dei lettori, a differenza delle piccole case editrici che non lo fanno. Di solito vengono fissati questi standard, che hanno sempre svolto un ruolo di primo piano in tali casi: non sono limitati dalla popolarità dello scrittore, conosciuto o meno, né dalla redditività del progetto. Il problema resta che queste case editrici, per le loro limitate capacità finanziarie, non riescono a raggiungere le grandi mostre e il mercato librario, a promuovere queste opere illustri e a dar loro l’attenzione che meritano. Il diario dell’assedio ha suscitato interesse perché trascende tutti i tipi di libri pubblicati in Italia sulla questione siriana e ha una specificità che finora non è disponibile in nessuna opera tradotta o scritta sull’argomento. Si noti qui che molti illustri libri sulla rivoluzione siriana sono stati pubblicati in italiano, tradotti dall’arabo da scrittori siriani o da scrittori italiani, che hanno affrontato la questione in modo obiettivo ed equo per il popolo siriano, il suo dolore e la sua lotta, parlando anche della sofferenza dei profughi siriani nei campi. Sono stati pubblicati anche articoli in italiano sulla rivoluzione e le sue contraddizioni, e sulla repressione di Bashar al-Assad, ma ciò che è rimasto assente è stata l’incarnazione della rivoluzione e il suo collegamento alle persone per capire meglio i dettagli di ciò che sta accadendo Siria da undici anni. Come per i principali giornali italiani, gran parte di loro raramente si preoccupa della Siria, e fa luce su alcune notizie clamorose legate al regime in particolare, ignorando i bombardamenti di civili da parte del regime stesso e dei suoi alleati, e milioni di profughi, di cui centinaia di migliaia risiedono in campi miserabili. Questo si aggiunge a quanto scritto in lode del regime siriano, e ha il suo pubblico e i suoi lettori, soprattutto tra la cosiddetta sinistra antimperialista, nota per la sua capacità di trasformare i dittatori globali in conosciuti pilastri socialisti, ritraendoli come nemici del colonialismo occidentale e di Israele, e amici del popolo palestinese. Non abbiamo intenzione di discutere di queste teorie che si sono diffuse in questi anni sui social, ma se questi argomenti fossero paragonati al diario di Samira e fossero ben compresi, molte bugie svanirebbero.Tutto ciò dimostra l’importanza di tradurre questo libro, soprattutto per coloro che non sanno nulla o sanno poco della Siria, specialmente per le giovani generazioni. In questo contesto, i tentativi di comunicare i diari dell’assedio sono inseriti come un libro di lettura approvato in alcune scuole italiane, in quanto è una meravigliosa e scorrevole introduzione alla comprensione dei crimini commessi contro il popolo siriano, soprattutto perché la traduzione trasmette parole di una donna, chissà il prezzo del suo coraggio possa essere alto, parole che incarnano e introducono la causa siriana, e penetra nelle tenebre della lunga assenza contro coloro che volevano far scomparire un popolo, e far scomparire Samira e le migliaia di siriani scomparsi con nomi sconosciuti.