Un tour musicale attraverso l’ex capitale dell’America siriana
Pubblicato su SyriaUntold il 5 marzo 2021 da Richard M.Breaux
(Nota della traduttrice: Little Syria (in arabo: سوريا الصغيرة) si trovava nella Manhattan newyorkina. Esistette dalla fine degli anni 1880 fino al 1940 approssimativamente. Vi si trovavano gran soprattutto cristiani emigrati dalla Grande Siria, che oggi comprende Libano, Siria, Giordania, Israele e territori palestinesi. Conosciuto anche come il quartiere siriano, era compreso tra Washington Street da Battery Park fino a Rector Street.
Le canzoni che i musicisti siriani di New York City hanno eseguito dal 1913 agli anni ’40 includevano poesie registrate, canzoni popolari dalla patria e composizioni originali che raccontavano di perdita, amore, affetto per i parenti, fede in Dio e cibi preferiti di casa; i nomi, le melodie, i beat e i ritmi sonó legati alle loro radici e hanno plasmato la loro nostalgia per ciò che si erano lasciati alle spalle.
Giovanna De Luca)
Percorriendo Washington Street a Lower Manhattan, tra il Battery Parking Garage e Albany Street, non c’è praticamente alcun segno che questa zona fosse una volta sede di una delle più grandi comunità di siriani negli Stati Uniti.
Gruppi come la Washington Street Historical Society hanno lavorato instancabilmente per preservare i tre edifici rimanenti – la facciata della chiesa di St. George, ora St. George Tavern, un vecchio caseggiato e un ex centro comunitario – che sorgevano durante il periodo di massimo splendore di New York, del “Quartiere siriano” della città o Little Syria.
L’unica prova visibile che ora collega questi tre edifici a Little Syria è la pietra angolare della Taverna di Saint George. Scolpite nel marmo esposto alle intemperie e oscurate da tubi che sporgono a casaccio dal marciapiede ci sono le parole: “Chiesa di St. George Syrian R.C.”
Dal 1890 al 1940, la Piccola Siria è stata la colonia madre delle comunità siriane e libanesi negli Stati Uniti. Nel raggio di tre isolati intorno a Washington e Rector si trovavano giornali e riviste, c’erano ristoranti, gioiellerie, banche, barbieri, drogherie, chiese, una moschea, negozi di dischi. Khalil Gibran ha vissuto e scritto lì, aiutando a ristabilire la Pen League con altri autori siriani e libanesi. Questo era il Mahjar, la diaspora arabo americana.
I venditori ambulanti trasportavano carri di frutta fresca, durante il giorno tiravano fuori bevande fresche da grandi contenitori e le vendevano a coloro che incontravano per strada e, in estate, i bambini più grandi sorvegliavano, spingendo e trascinando i loro fratelli più piccoli in carrozzine mentre gli uomini si riunivano per fumare il narghileh. Le strade di Little Syria erano tregua dagli angusti quartieri fatto di caseggiati che fiancheggiavano Washington Street.

Nascoste in queste strade c’erano tre etichette discografiche arabo-americane: la Maloof Phonograph Company negli anni ’20 e ’30, la A.J. Macksoud’s Phonograph Company dagli anni ’10 agli anni ’30 e la Alamphon Records negli anni ’30 e ’40, oggi tra le più riconoscibili per i collezionisti di dischi.

Queste etichette colmarono un’importante lacuna culturale: negli anni ’20, le due grandi case discografiche statunitensi, Victor e Columbia, ridussero la registrazione e la vendita di musica araba.

La musica che gli artisti mahjari di New York City eseguirono dagli anni ’10 fino ai 30 anni successivi includevano poesie registrate nelle canzoni popolari della patria e composizioni originali che raccontavano di perdita, amore, affetto per i parenti, fede in Dio e cibi preferiti di casa; i nomi, le melodie, i beat e i ritmi li hanno collegati alle loro radici e hanno plasmato la loro nostalgia per ciò che si erano lasciati alle spalle.
Non c’era molto da perdere, anche prima di lasciare quella che allora era conosciuta come la Siria ottomana: oggi Libano, Siria, Giordania e Palestina. L’industria della seta e altri commerci della regione erano in declino. L’instabilità politica e la povertà erano in aumento.

Migliaia di ex sudditi ottomani si ritrovarono presto a New York, Boston, Detroit. Cercavano un nuovo impiego, o semplicemente un’opportunità per spacciare. Forse un giorno avrebbero potuto avviare i propri negozi e attività. Scendevano da barche e treni per dirigersi verso luoghi lontani da casa, dalle culture e dalle lingue che ricordavano come familiari.

Alexander Maloof aveva 12 anni quando sua madre ed i suoi fratelli lasciarono la loro città natale di Zahleh, nell’attuale Libano, nel 1894. I Maloof erano decisamente borghesi. Un aspetto della loro relativa prosperità: l’interesse per il movimento delle arti letterarie e dello spettacolo che ha caratterizzato l’Egitto e la Grande Siria durante la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Quel movimento era il Nahda, il Rinascimento arabo.

E mentre i musicisti arabi del Cairo e di Beirut registravano musica negli anni 1890 e 1900, a migliaia di chilometri di distanza dalla Piccola Siria, un precoce Alexander Maloof iniziò a comporre e pubblicare musica per pianoforte.
Nel giro di pochi anni, Maloof pubblicò musica, si sposò, collaborò con il musicista Joseph Henius e offriva lezioni di piano a persone sia all’interno che all’esterno della comunità siriana di New York. Fin dalla piú giovane età, Maloof aveva ascoltato musica tradizionale araba come il mawwal, forme di musica popolare araba come l’ataaba e sperimentato la fusione di queste con marce americane, fox trots e ragtime.
Nel frattempo, nel 1907, il musicista 29enne Abraham J. Macksoud, che usò il soprannome A.J. Macksoud, aprì un negozio di dischi fonografici nella Little Syria. Era passato meno di un decennio da quando era arrivato per la prima volta negli Stati Uniti. La maggior parte dei dischi nel suo negozio sarebbero stati di musica araba importata negli Stati Uniti, registrata dalle persone a casa in Siria e altrove nel mondo arabo. Columbia e Victor avevano già iniziato a registrare le canzoni dei musicisti mashriqi a casa per venderle agli immigrati arabi negli Stati Uniti, ma nel 1911 nessun immigrato arabo o ottomano negli Stati Uniti aveva registrato specificamente per un pubblico di mahjari.

Stavano per cambiare le cose
Il 24 luglio 1913, Alexander Maloof, ora un affermato cantautore e compositore, registrò l’assolo di pianoforte B 13834-1, # 17443 Al-Ja-Za-Yer (“Algeria”) per la Victor Talking Machine Company.

Con la canzone di Maloof, i musicisti Mahjari avevano ora trovato una casa per registrare la loro musica.
Sebbene Maloof fosse diventato un cittadino naturalizzato solo l’anno precedente e parlasse almeno arabo e inglese, il team di marketing di Victor decise che l’etichetta sarebbe stata stampata solo in inglese. L’unico indicatore del background etnico di Maloof sull’etichetta del suo disco d’esordio era la parola “Syrian” stampata accanto a “Piano Solo”.
La registrazione di debutto di Maloof lo ha posizionato come guida turistica musicale in Medio Oriente, un pioniere culturale e un ambasciatore emergente della nostalgia. Le sue canzoni facevano riferimento a tutto, dalla musica, ai cibi, ai panorami, ai suoni, alle persone e ai modi di vedere e comprendere il mondo della Siria.
Il numero di musulmani siriani che emigrarono negli Stati Uniti rimase relativamente piccolo durante la prima ondata di emigrazione dal 1880 al 1941.
Tuttavia, nel 1916, la Columbia registrò uno dei pochi immigrati musulmani siriani, Mohamed ZainEldeen. Nato a Homs, in Siria nel 1892, ZainEldeeen arrivò a New York nel maggio 1912. Nell’autunno del 1916, aveva inciso sette canzoni su sei dischi a doppia faccia per la Columbia, inclusa una delle prime registrazioni di Call to Prayer (Columbia E3383, # 44511) negli Stati Uniti.

Mentre la maggior parte degli immigrati arabi divennero cittadini naturalizzati e rimasero negli Stati Uniti, altri come George Aziz, Ilyas Wardiny, Germanos Shehadi (1872-1934) e Mohamed ZainEldeen tornarono in Libano o in Siria. Lo stesso Mohamed Zain Eldeen tornò a Homs, dove morì nel 1972.
Con l’aumento del numero di musicisti arabi immigrati e arabo-americani negli elenchi di Columbia e Victor, A.J. Macksoud si trasferì e aprì due nuovi negozi di dischi al 52 di Broadway e all’89 di Washington Street.
Little Syria crebbe in modo significativo dallo scoppio della prima guerra mondiale e dall’ingresso degli Stati Uniti nel conflitto. A casa, l’Impero Ottomano stava cadendo a pezzi e si era allineato con la Germania, mentre il Libano sprofondava nella carestia. Di conseguenza, quasi il trenta per cento della popolazione morì.
Sebbene la maggior parte dei musicisti siriani e libanesi americani e immigrati abbia evitato il servizio durante la prima guerra mondiale, il futuro cantante dei Maloof, Anthony Shaptini (1893-1955) prestò servizio insieme ad altri 15.000 arabi americani per gli Stati Uniti.
Al contrario, il cantante della Columbia Records Mohamed ZainEldeen si arruolò e prestò servizio nell’esercito ottomano prima della prima guerra mondiale per tre mesi.
Gli anni ’20 segnarono l’era in cui Victor e Columbia persero il monopolio sulla tecnologia di registrazione a taglio laterale, ma fu anche il periodo in cui ridussero gli sforzi per registrare e pubblicare nuova musica in lingua araba.
Per colmare il vuoto lasciato nel settore e in un colpo di genio imprenditoriale, il pianista e compositore Alexander Maloof fondò la sua etichetta discografica. Mantenne un ritmo vertiginoso apparendo alla radio, dirigendo la sua etichetta discografica, componendo canzoni e vendendo spartiti agli editori.
Nell’ottobre 1923 Maloof registrò finalmente la sua “Egyptian Glide” e una seconda traccia, “Pharaoh”, con la compagnia di stampa della sua etichetta, la Gennett Records. E nonostante la lunga interruzione della registrazione di artisti sirianoamericani, nel 1926 la Victor Talking Machine Company riportò Maloof negli studi, questa volta con la sua orchestra più numerosa, per registrare “Desert Wail” e “Kurdistan”.

Pubblicato originariamente con l’etichetta Maloof nel 1924, questo fu l’omaggio di Maloof allo sviluppo dei cambiamenti politici in Medio Oriente mentre gli sforzi di breve durata per creare, mantenere e autogovernare il Regno del Kurdistan divennero obbligatori.
Sulla sua etichetta omonima, Maloof ha registrò l’ex artista Victor Ilyas Wardiny, che divenne uno dei cantanti più famosi dell’etichetta. Lateefy Abdo, la persona di cui conosciamo meno, registrò 23 canzoni su 19 dischi per Maloof Records, incluso Maloof # 2006 “Fi Ardi Agdadi – In the Land of My Ancestors”.
La canzone, senza dubbio, risuonava tra gli immigrati siriani che mancavano da casa o aspettavano con impazienza notizie dalle loro città e villaggi.
I musicisti di Maloof Ibrahim, Edward Abdo e Louis Wardiny, nati in Libano, avevano anche registrato singoli sul ritorno a casa o sull’onorare la Siria come madre patria. Intorno al 1927, Abdo registrò Maloof n. 950-951 “Tiara – Portami nel mio paese in aereo”.
Il primo volo commerciale transatlantico era avvenuto solo otto anni prima, nel 1919, ma l’idea sarebbe stata diffusa nelle notizie nel 1927. Quello fu l’anno in cui l’aviatore Charles Lindbergh fece il primo volo transatlantico in solitaria.
Lo stesso Abdo era diventato un cittadino naturalizzato degli Stati Uniti quello stesso anno; cosa per la quale forse pianse e celebró solo stesso tempo.
Farid Alam al-Din (anglicizzato Fred Alam) fondò l’ultima delle etichette discografiche della Piccola Siria. Per anni storici, etnomusicologi e persino gli studiosi più esperti presumevano di sapere che Maloof e Macksoud condividevano la posizione delle uniche etichette discografiche arabo-americane di Washington Street con sede nel cuore di Manhattan.
Ma quando la Grande Depressione vide Maloof e Macksoud chiudere le loro etichette nel 1935, Fred Alam aprì il suo negozio e lanciò la sua etichetta Alamphon Record dall’81 di Washington Street.

“Il quartiere siriano della città, che per anni ha vantato uno dei più grandi centri di stracci del paese, è praticamente svanito. Quello che resta è in Washington Street, vicino alla batteria. Uno dei più noti è il negozio di grammofono orientale di Alfred Alam. Riguardo al fonografo di Alam l’attività discografica è forse l’unica del suo genere non compromessa dalla radio. Importa dischi dalla Germania di artisti siriani e soddisfa gli ordini dei suoi connazionali in America “.
Tre anni dopo, in un’altra storia intitolata “New York Day by Day”, si faceva notare la “misteriosamente esotica” Washington Street “ingombra di gente del principato del Vicino Oriente”.
Il ristorante Nile di Little Syria e il ristorante Son of the Sheik avevano ricevuto un’attenzione speciale, così come il negozio di Alfred Alam. Il giornale osservava “le pile di registrazioni fonografiche egiziane e siriane nel negozio di A. Alam. Fonografi portatili con strani disegni, con indicazioni complete. Immagini di bei cantanti e attori orientali e del Vicino Oriente “.
Eppure, quello stesso articolo riportava anche i cambiamenti che avrebbero presto significato la scomparsa di Little Syria, mentre i programmi di sviluppo e rinnovamento urbano prendevano piede nel Lower West Side di Manhattan.
La costruzione del Brooklyn-Battery Tunnel negli anni ’40 significò la distruzione dei caseggiati che un tempo ospitavano migliaia di nuovi immigrati e siriani americani.
Gli edifici che contenevano molte delle attività commerciali e dei luoghi di incontro della comunità sono costantemente scomparsi, per non tornare mai più. Ex residenti se ne andarono, stabilendosi nel vicino quartiere siriano di Brooklyn e altrove. Un centro decennale della vita e della musica siriana americana si era dissolto.
Rimangono poche tracce, tranne i dischi musicali che successivamente si sono sparsi per gli Stati Uniti, passando da proprietario a proprietario.