
Di G.De Luca
9 dicembre 2013.
La notte é giá scesa da un pó sulla cittá di Douma, provincia di Damasco.
Presso l’ufficio locale del VDC (Centro di Documentazione delle Violazioni in Siria, composto da una rete di attivisti dell’opposizione siriana il cui scopo è quello di documentare le violazioni dei diritti umani perpetrate dall’inizio della guerra civile siriana da tutte le parti coinvolte nel conflitto, fondato di Razan Zaitouneh).
Nell’ufficio gli attivisti presenti stanno per pirtare a termine il lavoro della giornata, Razan fuma, e, seduta davanti al pc guarda video di violazioni, feriti e vittime.
C’è un assedio imposto dal regime siriano, ma i generatori riescono in parte a supplire l’assenza di carburante. La zona è inoltre costantemente bombardata come “punizione” imposta dal governo.
Anche Samira stava controllando il lavoro in ufficio, Wael stava per finire di pianificare i suoi impegni per il giorno successivo. Nazem stava parlando al telefono con suo fratello.
All’improvviso la porta dell’ufficio si apre violentemente, alcuni uomini, con il volto coperto, iniziano a rimuovere, disordinare tutto, prendendo dispositivi elettronici, come il pc di Razan e portando via con la forza i quattro attivisti. Sono passati dieci anni da quella notte e non sappiamo nulla del loro destino.

Razan Zaitouneh, Samira al Khalil, Wael Hamadeh, Nazem Hamadi sembrano essere stati inghiottiti dal nulla.
Alcune indiscrezioni erano circolate sulla vicenda, ma erano vaghe e non si é riusciti a confermarle.
I familiari dei quattro hanno accusato formalmente Jaish al Islam del rapimento e hanno chiesto aiuto alla comunità internazionale che, come al solito, ha ignorato l’appello.

Ma perché Jaish al Islam avrebbe dovuto rapirli? Lo scopo del gruppo salafita era quello di assumere il controllo totale della zona, imponendo le proprie leggi, raggiungere la supremazia sui gruppi ribelli che si trovavano nella Ghouta. Il leader del gruppo islamista, Zahran Alloush, era un salafita che aveva trascorso diversi anni in prigione ed era stato rilasciato nel 2011 dal regime. (È morto in un bombardamento nel 2015, il missile ha distrutto l’edificio dove stava incontrando altri militanti salafiti.)
Cominciamo dall’inizio. Douma era una città appartenente alla zona agricola a est di Damasco. La città fu liberata dal regime siriano, le forze rivoluzionarie controllavano l’area. Ad un certo punto anche un gruppo jihadista prese il controllo della zona. Era il già citato Jaish al Islam. Sembravano davvero infastiditi dall’attività dei quattro….

Wael e Nazem facevano arrivare beni e medicine nella zona assediata, e davano supporto legale alle persone che lo richiedevano. Razan e Samira avevano creato un’associazione per aiutare le donne a gestire la propria economía domestica in queste dure condizioni…non era facile nutrire i bambini e gestire le cose in casa, soprattutto quando mancava il “sostegno maschile” della famiglia, in alcune famiglie gli uomini erano stati arrestati, uccisi o scomparsi.
Razan era molto impegnata a documentare le violazioni di ogni parte coinvolta nel conflitto, incluso Jaish al Islam. Chiese di parlare con il capo del gruppo jihaidista e di visitare le loro prigioni. La formazione salafita aveva le sue regole, non voleva che le persone agissero liberamente nella zona, né che venisse messo il naso nei loro affari.

Samira, Razan (che non si coprivano la testa con l’hijab), Wael e Nazem non erano molto graditi nella zona. Circa due mesi prima del rapimento Razan aveva ricevuto una lettera con minacce di morte. E alcuni mesi dopo il tragico evento qualche segnale del pc di Razan fu captato: venuva da una delle basi di Jaysh al Islam. In una mail a Nadim Houri, che all”epoca faceva parte di Human Rights Watch, nell’estate 2013, Razan scriveva: “Qui le cose vanno male “Comincio a vedere le violazioni commesse da questi gruppi armati. Non abbiamo fatto una Rivoluzione e perso migliaia di vite, per sostituire il governo con altri mostri che ripetono le stesse ingiustizie. Queste persone devono essere allontanate, come il regime” Gli scrisse anche un’altra email tra agosto e settembre “Non voglio dirti bugie, sto ricevendo minacce da alcuni gruppi armati locali perché ho prove che confermano violazioni commesse da queste fazioni”
Razan era andata a vivere a Douma nell’aprile 2013 perché ricercata dal regime contro il quale sk era sempre schierata, Razan é un avvocato, una scrittrice e attivista, suo marito, Wael, fu arrestato dal regime che tentava di avere informazioni sulla latitanza di Razan. Lo stesso per Samira; arrivata nella Ghouta perché il regime la stava cercando, perché, come Razan, Wael e Nazem aveva preso parte alla Rivoluzione, Samira aveva già trascorso 4 anni nelle carceri di Asad come prigioniera politica. A Duma si nascondeva il marito, lo scrittore Yassin al Haj Saleh che lasció Douma nell’estate 2013 per recarsi a Raqqa, sua città natale; lì suo fratello, Firas, era stato rapito dall’Isis. Yassin, dopo un po’ di tempo partí per la Turchia e aveva programmato ritrovarsi li con Samira ma non fu possibile.
Razan era andata a vivere a Douma nell’aprile 2013 perché ricercata dal regime, che aveva sempre criticado; era un avvocato, scrittrice e attivista, suo marito, Wael, attivusta era stato arrestato dal regime che cercava di avere informazioni sulla latitanza di Razan.
Lo stesso per Samira; arrivata a Ghouta perché ricercata dal regime, perché, come Razan, Wael e Nazem si era schierata dalla parte della Rivoluzione, Samira aveva già trascorso 4 anni nelle carceri di Asad come prigioniera politica. A Duma si nascondeva il marito, lo scrittore Yassin al Haj Saleh che dovette lasciare Douma nell’estate 2013 per recarsi a Raqqa, sua città natale; lì suo fratello, Firas, era stato rapito dall’Isis. Dopo un pó, vedendo che a Raqqa anche la sua vita era in pericolo, partí per la Turchia dove so sarebbe presto riunito con Samira, sappiamo che quest’uncontro non avvenne.
